Io vinco con loro GUBBIO - Carlo Generotti: il Segugio Italiano è il mio cane

Intervista di Paola Pacifici

Le interviste sono pubblicate integralmente come inviate dall’intervistato

Carlo Generotti e la sua muta di Segugi Italiani fulvi a pelo raso

Signor Carlo, lei è molto conosciuto non solo a Gubbio, in Umbria, in Italia ma anche a livello internazionale per i suoi cani da lepre?

Sì, è così. Negli anni ho avuto la fortuna di farmi conoscere anche al di fuori dei confini di Gubbio e dell’Umbria, e questo soprattutto grazie ai miei segugi. Il lavoro, la passione e l’impegno che ho dedicato all’allevamento e alla selezione di questi cani mi hanno portato riconoscimenti a livello internazionale. Paradossalmente, a volte capita che il valore del proprio lavoro venga apprezzato prima altrove che nel proprio paese, ma questo nulla toglie all’orgoglio di rappresentare la mia città, ovunque io vada.

Come nasce questa “passione” se si può chiamare così e perché?

La mia passione nasce fin da quando ero bambino. Provengo da una grande famiglia di cacciatori e ho sempre avuto un’attrazione particolare per la selvaggina, in modo speciale per la lepre. Sin da piccolo seguivo mio zio Clito, fratello di mio padre Umberto, un grande appassionato di caccia alla lepre. Osservare il lavoro dei cani nella cerca e nella seguita del selvatico mi ha sempre affascinato profondamente: credo sia qualcosa di innato in me. Con il tempo, questa passione si è trasformata in una vera e propria dedizione, spingendomi a capire, studiare e mettere in pratica ogni accorgimento possibile per ottenere un lavoro preciso, pulito ed efficace da parte dei cani, esattamente come piace a me. Negli anni ho lavorato con costanza per migliorare lo standard dei miei ausiliari, sia dal punto di vista del lavoro che della morfologia. Quando ero molto giovane, avevo segugi più “locali”, da pochi anni riconosciuti dall’ENCI come Segugi dell’Appennino e attualmente molto in voga.  Oggi, grazie a un attento lavoro di selezione e all’esperienza maturata sul campo, sono riuscito ad avere in canile soggetti che rispecchiano pienamente lo stile della razza, sia morfologicamente che nel modo di lavorare e posso dire con soddisfazione di aver raggiunto un livello che rispecchia appieno le mie esigenze e la mia idea di Segugio. Per questo mi definisco più cinofilo che cacciatore: è il lavoro del cane, il suo istinto, la sua intelligenza e la sua collaborazione con l’uomo che mi emozionano davvero.

Perchè questa razza, il Segugio italiano, secondo lei è la più adatta per la ricerca della lepre?

Il Segugio Italiano, secondo me, è senza dubbio la razza più adatta per la ricerca della lepre per una serie di caratteristiche che lo rendono unico. Innanzitutto, possiede un fiuto eccezionale, fondamentale per individuare e seguire piste anche molto vecchie o disturbate. È dotato di grande resistenza fisica e capacità di lavorare per ore su terreni difficili, mantenendo costanza e determinazione nella cerca. Ma ciò che davvero distingue il Segugio Italiani dagli alti ausiliari, sempre secondo la mia esperienza, è la sua intelligenza venatoria: è in grado di ragionare sulla traccia, di adattarsi alle condizioni del terreno e di “capire” i comportamenti della lepre, animale particolarmente astuto e difficile da stanare. Inoltre, ha una voce chiara e ben modulata che permette al conduttore di seguirne il lavoro anche a distanza. Tutte queste qualità, unite a un forte istinto naturale e alla predisposizione al lavoro in muta, fanno del Segugio il compagno ideale per chi, come me, vive la caccia alla lepre con passione, rispetto e competenza.

Come avviene l’addestramento di un Segugio alla lepre?

L’addestramento di un Segugio alla lepre inizia già nei primi mesi di vita, anche se in questa fase non si può ancora parlare di vero e proprio addestramento. I primi passi sono dedicati alla socializzazione, al rapporto con l’uomo e alla familiarizzazione con l’ambiente naturale. È fondamentale che il cucciolo sviluppi sicurezza, curiosità e voglia di esplorare. Dai 5-6 mesi in poi si comincia a introdurre il giovane cane nei primi contatti con il terreno e le prime esperienze sulla selvaggina, sempre con grande gradualità. In questa fase non si pretende il risultato, ma si osserva l’istinto, il fiuto e la predisposizione naturale. Il vero lavoro comincia intorno agli 8-12 mesi, quando il cane è pronto per affrontare prove più strutturate: si lavora sulla cerca, sull’uso del naso, sulla concentrazione, e soprattutto si inizia a insegnare la gestione della traccia fredda e il rispetto della selvaggina. L’obiettivo è far sì che il cane non solo segua la lepre, ma lo faccia con metodo, precisione e stile, secondo quello che per me è il modo corretto di lavorare. Come diceva un grande esperto segugista, “il segugio è figlio della pazienza”, e non potrei essere più d’accordo. È una frase che racchiude tutta la filosofia dell’addestramento: non bisogna mai affrettare i tempi. Ogni cane ha il suo percorso, i suoi ritmi, e solo con calma, costanza e sensibilità si può arrivare a costruire un vero ausiliare, capace di esprimere appieno il suo potenziale.

Un segugio è adatto solo per la caccia o può essere utilizzato anche per le ricerche di persone?

Il segugio è tradizionalmente un cane da caccia, soprattutto per la lepre, grazie al suo fiuto eccezionale e alla resistenza. Tuttavia, può essere addestrato anche per la ricerca di persone, soprattutto in ambienti impervi. Sebbene per questo tipo di lavoro si usino spesso razze specializzate, un segugio con il giusto addestramento può offrire un valido supporto. La sua versatilità e intelligenza lo rendono adatto a diversi impieghi, non solo venatori.

Sicuramente saranno bravi sia le femmine e sia i maschi… ma un pochino di più chi?

Sicuramente sia le femmine che i maschi possono essere ottimi segugi.  Le femmine spesso mostrano una maggiore tenacia e concentrazione durante il lavoro. Sono generalmente più calme e costanti, mentre i maschi possono essere un po’ più istintivi e vivaci. Detto questo, la cosa fondamentale è la riproduzione: bisogna capire esattamente quale stallone abbinare a quale fattrice, perché nel lavoro di selezione questo è cruciale. Un accoppiamento mirato e ben studiato è essenziale per mantenere e migliorare le qualità della razza; altrimenti si rischia di vanificare tutto il lavoro fatto negli anni. Quindi, più che scegliere tra maschio o femmina, è importante puntare su accoppiamenti ben calibrati e selezionati.

Attualmente quanti cani sta addestrando?

Addestro quotidianamente le mie due mute di cani, seguendo con loro una routine e una dieta esattamente come quelle di atleti professionisti… con la sola differenza che loro hanno quattro zampe!!

In questa fase della sua vita e della sua esperienza come si definirebbe? Cosa vorrebbe ancora vincere?

In questa fase della mia vita e della mia esperienza mi definirei un appassionato completo, maturo, che ha trasformato una passione infantile in un vero percorso di vita. Oggi non cerco più soltanto il risultato, ma la qualità, la coerenza e il rispetto per ciò che faccio. Ad oggi ho avuto la soddisfazione di vincere i maggiori riconoscimenti, sia a livello nazionale che internazionale, e questo mi rende più che appagato. Tuttavia, ciò che mi sta più a cuore è riuscire a trasmettere questa passione ai giovani, perché credo che significhi trasmettere anche valori e principi sani. Chi pratica questa disciplina ama i cani, la natura e l’ambiente che lo circonda. Ma è anche uno sport fatto di sacrifici e costanza: ci si alza presto la mattina, si cammina molto, si vive all’aria aperta e si impara a rispettare i tempi, le regole e il silenzio. Vorrei poter trasmettere questi ideali a mio nipote, Tiago, che è nato in un mondo segnato da guerre, conflitti e da un crescente individualismo. In un tempo in cui tutto corre veloce e i legami con la natura si stanno perdendo, spero che possa trovare in questa passione un punto fermo, un riferimento sano e autentico. Vorrei che capisse quanto sia importante il rispetto per gli animali, per l’ambiente e per il lavoro fatto con dedizione e sacrificio. Perché chi sceglie questa strada impara presto cosa vuol dire impegnarsi: alzarsi all’alba, camminare nei campi con qualsiasi clima, osservare, aspettare, capire il cane e la natura. E chissà, magari un giorno anche lui si sveglierà alle cinque del mattino per andare a provare i cani anziché rientrare a quell’ora da una notte in discoteca. Per me sarebbe una grande soddisfazione, perché significherebbe avergli lasciato qualcosa di vero e a quel punto avrei veramente vinto tutto.

Che cos’è il “Dog trace x30”?

Il sistema dogtrace dog gps x30, un dispositivo professionale che mi permette di localizzare e monitorare i miei cani in tempo reale, anche in terreni difficili. Posso seguire in contemporanea i miei cani, fino a 20 km di distanza, controllandone movimenti e posizione con grande precisione. Inoltre, posso visualizzare tutto direttamente sullo smartphone tramite l’app dedicata, e il sistema funziona anche in zone con poca copertura di segnale. E’ uno strumento fondamentale per lavorare al meglio in sicurezza con i miei segugi sia durante l’addestramento sia nelle prove attitudinali.

Come dovrebbe, se dovrebbe, secondo lei, cambiare la legge sulla caccia? La nostra legge è europea, quali differenze con gli altri paesi e qual è il Paese più cacciatore e in che tipo di caccia?

La legge sulla caccia, se dovesse cambiare, dovrebbe farlo tenendo conto delle specificità del territorio, delle tradizioni locali e del rispetto per l’ambiente e per la fauna. Non si tratta tanto di liberalizzare o restringere, ma di rendere la normativa più equilibrata, chiara e applicabile nella realtà, soprattutto per chi pratica una caccia selettiva e responsabile, come quella alla lepre con il segugio. Essendo una legge che recepisce direttive europee, presenta punti in comune con altri Paesi dell’Unione, ma ci sono anche differenze. In molti Paesi europei, ad esempio, c’è maggiore attenzione alla gestione faunistica e più collaborazione tra enti pubblici e cacciatori. Inoltre, in alcune nazioni l’attività venatoria è considerata parte integrante della tutela del territorio, mentre in Italia spesso viene vista con diffidenza o ostacolata da una burocrazia pesante. Il Paese più “cacciatore” in Europa è probabilmente la Francia, sia per numero di cacciatori iscritti sia per varietà di tipologie venatorie. In Francia la caccia alla piccola selvaggina, come lepre e fagiano, è molto diffusa, ma anche la caccia collettiva al cinghiale ha un ruolo importante. La differenza sostanziale è che lì esiste un forte riconoscimento culturale e sociale della figura del cacciatore, cosa che in Italia si è un po’ persa nel tempo. In sintesi per concludere, secondo me, più che cambiare le leggi in modo drastico, servirebbe farle funzionare meglio, con più buon senso, meno burocrazia e maggiore valorizzazione della caccia sostenibile come parte della gestione del territorio, come d’altronde avviene già in Francia ed in atri Paesi Europei.