Le interviste sono pubblicate integralmente come inviate dall’intervistato
Laureata in “scienze infermieristiche” cioè?
Nell’anno 2000, in Italia si è intervenuti a fare chiarezza sulla disciplina delle professioni sanitarie nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con la Legge 251/2000, che individua e definisce le professioni sanitarie e i loro profili professionali. Iniziando un percorso legislativo che si completa insieme al Decreto del Ministro della Sanità del 29 marzo 2001, che stabilisce le figure professionali abilitate ad operare nel SSN. Con questo importante cambiamento noi Infermieri, da meri esecutori di un progetto Medico sul Paziente, siamo passati ad essere parte attiva nell’assistenza dello stesso, essendo responsabili per “scienza – coscienza – ed aggiornamento” , della formazione che passa da una scuola triennale dopo un biennio di scuola superiore ad una laurea triennale, seguita ad un biennio magistrale in Scienze Infermieristiche. Avvertendo il cambiamento legislativo come Operatrice in Sanità ho sentito la necessità di formarmi e di aderire alle ricerche in ambito delle nuove frontiere nell’assistenza al Paziente, per cui nel dicembre 2007 ho conseguito Laurea Magistrale in S. Infermieristiche.
Lei sceglie questo mestiere quando e perchè?
Ho scelto questa Professione sin da piccola, attirata dall’aspetto umano ed olistico di approccio verso la gente. Ho iniziato a lavorare nel 1978 ed era un periodo di lotte in piazza per l’ottenimento di Leggi al fine di un riconoscimento socio-sanitario, Legge sul Divorzio, Legge sull’Aborto, Istituzione di Consultori per la donna, Istituzione di Leggi per la Cura e Tutela del Bambino, introducendo l’aspetto Pediatrico sia nei Consultori che Medico, Legge sulla chiusura dei Manicomi. Si diede avvio ad un grande capitolo, la disciplina della Medicina del Lavoro e Igiene Pubblica. Era un momento di grande importanza e di svolta per il Servizio Sanitario Nazionale, ci si approcciava in modo più concreto alle necessità socio-sanitarie delle persone…e volli farne parte attiva.
Nel suo importante CV ci sono tante esperienze lavorative, specialmente a Bari, poi Roma ed infine con il volontariato a Viterbo? Da “strumentista in sala operatoria”, “funzioni di coordinamento aziendale dei servizi”, “creiamo rete”…e tante altre… Ma quale quella più consona a lei?
Al giorno d’oggi l’importanza per le Aziende Sanitarie sparse sul territorio Nazionale, è “creare rete” al fine di garantire uguali Livelli Assistenziali con l’abbattimento delle Liste di Attesa, con il potenziamento dei Centri dedicati alla diagnosi e cura ad alta specializzazione, cui fare riferimento per la Ricerca in campo Medico.
Quindi quante specialità ha un infermiere?
L’Infermiere come base è destinato all’aspetto Assistenziale del Paziente, per cui in ogni ambito in cui s’incontra la necessità di una nuova strumentazione, di un dispositivo di somministrazione farmacologica, di un nuovo presidio per la tutela dell’integrità delle varie fasi del processo cura-riabilitativo del Paziente, nella ricerca di nuove metodologie di presidi assistenziali .Poi l’infermiere viene anche visto e disciplinato dalla Legge 251/2000, come infermiere sul Territorio, nei Consultori, nei Servizi per le Tossicodipendenze -SERT cura e riabilitazione delle persone con problemi legati all’abuso di sostanze psicoattive (droghe, alcol), nei Centri per le Dipendenze Comportamentali – SERD per le dipendenze comportamentali come il gioco d’azzardo patologico -, e nei centri Centri d’Igiene Mentale.
Indubbiamente è un mestiere molto difficile, con tante attenzioni verso il malato che vede in voi non solo chi lo cura, chi lo assiste ma anche chi lo capisce. L’ammalato è il “suo malato” per l’infermiere e per il malato voi siete” il “mio infermiere” non solo quello che fa l’iniezione, misura la pressione “MA MOLTO DI PIU”?
Certamente, proprio in ambito della ricerca infermieristica si evidenziano nei reparti gli Infermieri Case Menager. L’infermiere case manager è un professionista infermieristico specializzato nella gestione dei casi clinici, che coordina e personalizza l’assistenza del paziente lungo tutto il percorso di cura. Questo ruolo, fondamentale per l’integrazione e la continuità delle cure, si concentra sull’individuo, dalla valutazione iniziale alla dimissione, garantendo un approccio olistico e personalizzato – diventando a seguito della dimissione del Paziente, Infermiere Caregiver – svolge un ruolo fondamentale nell’assistenza domiciliare, supportando sia il paziente che la sua famiglia. Poi ci sono gli Infermieri di Famiglia e di Prossimità per le Cure a Domicilio dei Pazienti con cronicità.
Che differenza fra infermiere e OSS?
L’infermiere ha una formazione universitaria e competenze più ampie, gestendo direttamente la cura del paziente e coordinando, mentre l’OSS fornisce, supporto diretto nell’assistenza quotidiana al Paziente nei reparti o a domicilio, soprattutto nei Pazienti affetti da grave patologia – in questi casi ci sono anche gli Infermieri Caregiver –
In Italia ci sono 460 mila infermieri… il 77% sono donne e il 23% uomini. Perchè tante più donne? E’ un mestiere per donne?
No, non credo sia una professione prevalentemente per donne, che ci siano più Infermiere donne è un retaggio storico di un campo dominato dalle donne e scelto per vocazione e per tale motivo molti ragazzi non vi partecipano, non è più questa la motivazione, credo sia rilevante il fattore economico ed anche di avanzamento del quadro contrattuale. La categoria degli Infermieri non è stata ancora considerata come rilevante in ambito sanitario, ma anzi viene valutata come costo in sanità.
Come è cambiata negli anni la figura dell’ infermiere. Ma una cosa credo non cambi mai: la pazienza e le attenzioni verso un malato, verso una persona debole, indifesa?… E i giovani?
Non so, durante il periodo del Covid si è evidenziato come nel tempo con l’andare in pensione degli infermieri vi è stata una politica nazionale di non reintegro del personale, per cui in molte regioni si è arrivato al collasso assistenziale e le assunzioni giovanili sono state effettuate a tempo determinato, a supporto del momento. Pochi ad oggi sono gli infermieri assunti con contratto indeterminato al fine del reintegro del personale messo a riposo.
Parliamo di pazienti: donna, uomini, e bambini. Tre mondi diversi, tre sensibilità diverse. Tre modi diversi di affrontare il male?
Non credo che ci sia un approccio diverso di affrontare il male, semmai l’approccio diverso avviene per il grado o il non grado di inclusione sociale del Paziente, per cui nel “fare Rete” con il territorio è una garanzia di continuità assistenziale. In questo modo si contengono i costi di nuovi accessi attraverso il Pronto Soccorso del Paziente dandogli la possibilità attraverso il suo Livello Essenziale di Assistenza – LEA – di poter essere integrato presso il territorio.
Quindi l’infermiera, l’infermiere è anche “CHI, SE VEDI QUALCUNO SENZA UN SORRISO, DAGLI IL TUO”.
Purtroppo non sono d’accordo con questa affermazione, semmai il sorriso viene ricercato assieme. La malattia mette a nudo la persona e purtroppo non solo Lui anche la Famiglia soprattutto all’inizio nell’accettazione di essa e mentre il Paziente capisce di non aver scelto Lui quel tipo di percorso, ma cerca di capire come uscirne senza soffrire molto, la Famiglia difficilmente accetta il mutamento che provoca la malattia sul proprio Caro per cui si comporta sminuendone l’entità. Bisogna imparare a dialogare tra le parti coinvolte – Paziente, Medico, Infermiere e Famiglia – usando un linguaggio chiaro e semplice. Spesso mi è capitato di vedere Famiglie urlanti, Pazienti silenziosi e Medici in ansia di parlare con entrambi. Il Paziente deve essere aiutato a domandare a partecipare al suo stato di salute, anche se la diagnosi è quella di fine vita. La Famiglia non si deve disperdere nella paura del perdere il proprio Caro, ma deve riuscire a ricevere ed ascoltare ciò che il proprio Caro vuole dire. Spesso questo passaggio l’ho spiegato rubando un termine alla nostra routine nel reparto, “Datevi le Consegne”, ditevi tutto ora, non lasciate nulla al dubbio, sia nel bene che nel male, chiaritevi. Spesso ho ricevuto domande del tipo “sto morendo?”, ho risposto …bisogna rispondere, perché viene avvertito il periodo che precede la fine vita, il Paziente riesce così a sentirti accanto, sente che l’aiuterai nel dolore. Solo in questo momento capisce che si sta percorrendo una strada assieme, dove poter ridere assieme e con ironia sulle cose che gli stanno accadendo.





