
Le interviste sono pubblicate integralmente come inviate dall’intervistato
da Il Giornale Italiano – Intervista del 2009
Voglio parlare con te e soprattutto di te. Gabriele Lopez, un nome un po’ italiano e un po’ spagnolo?
Sì, ma è una pura casualità. In realtà sono italiano da generazioni e generazioni, però ci deve essere stata un’origine spagnola, anche perché la famiglia di mio padre è di Napoli, dove hanno dominato gli spagnoli.
Evidentemente qualcuno dei tuoi antenati ebbe un amore extranazionale. (ride)
E’ possibile, molto possibile.
Allora Gabriele, tu sei un famoso cantante italiano che sta avendo successo anche qui in Spagna. Come nasce, quando nasce e perché nasce Gabriele Lopez, il cantante?
La mia esperienza con la musica inizia da molto piccolo, quando avevo tre o quattro anni, avevo molto orecchio musicale, cantavo le canzoni che sentivo, mia nonna e sua sorella, che era una bravissima pianista, mi insegnarono a suonare il pianoforte. Vivevo in un ambiente familiare pieno di musica. Da grande ascoltavo i nostri cantautori, Battisti, Cocciante, Venditti, i dischi che avevano in casa i miei genitori. Poi sono passato alla musica rock, dai Metallica Guns ‘n Roses agli altri. Poi l’amore per il Rock, il Pop Rock Inglese, i Reggae di Coltrane e oltreoceano Chris Cornell, Soundgarden e così via. Questi amori si avvertono nella mia musica.
Per te che cos’è la musica?
Il modo di esprimermi più congeniale. Da tanti anni faccio anche l’attore e il doppiatore come altri miei familiari. Il suono è stato sempre una prerogativa di famiglia.. Ho anche studiato chitarra, sia classica
sia elettrica. Mi commuove la melodía, sono un profeta dei Beatles. Mi piacciono gli arrangiamenti, il modo in cui una canzone può essere vestita, anche se sono convinto che il classico abbinamento chitarra e voce rimanga la via principale per poter fruire di una canzone.
C’è un tipo di musica che non ti piace, che ti innervosisce, che non ti dà nessuna sensazione, oppure per te tutto è musica?
Ritengo che ogni manifestazione espressiva legata alla musica, sia percussionistica che melodica, abbia un suo perché. Ho fatto degli studi a livello universitario su questo argomento. Ogni cultura esprime la musica in maniera assolutamente individuale. Quindi non c’è niente che mi renda particolarmente scostante a livello musicale. Ovviamente le mie corde, il mio modo di sentire sono legati ad un sound che corrisponde alla nostra cultura. Però non condanno tutto il resto.
Parliamo dei tuoi successi e della Spagna?
Il mio progetto musicale, sfociato in questo disco “Nuove direzioni”, è cominciato qualche anno fa, quando nel 2003 composi i primi esperimenti e comporre i primi pezzi, che sono nel disco. Piano piano è iniziata una concatenazione di eventi che mi ha portato, suonando in giro e proponendo concerti qui a Roma, ad entrare in contatto con Orange Park Records, la mia attuale etichetta, che ha deciso di prendermi con sé. In parallelo si è aperto il discorso spagnolo con un riscontro notevole che sinceramente non mi aspettavo in maniera così eclatante, anche con il singolo “La vida deseada” e sono sicuro con il disco che uscirà tra breve. Adesso sono con voi a Marbella ed a giugno verrò ancora in Spagna a cantare.
Credi che la stessa musica che piace agli italiani piaccia anche agli spagnoli?
Credo che ci siano dei gusti universali, però in Italia c’è una forte tradizione nazionalpopolare vocale, che viene dagli stornelli e dalla romanza, mentre quella spagnola viene più dal bolero e dal flamenco, è più viscerale e legata alla espressione corporea. Comunque in Spagna è apprezzato un certo tipo di musica italiana e viceversa. In fondo siamo due Paesi latini, quindi abbastanza vicini.
Tu sei uno stile Gabriele Lopez oppure c’è un maestro che ti guida idealmente?
In verità cerco di essere personale, non ho nessuno che in qualche modo mi guida, però sono tante le influenza musicali da cui ho potuto sicuramente attingere qualche ispirazione, partendo dalla mia formazione rock a quella successiva. Un artista deve ascoltare molto, perché la musica è la sua base culturale, come i libri e la letteratura.
E come la vita stessa, perché è quella che condiziona emozionalmente un artista, nello scrivere i testi, nel suo interpretare, nel suo eseguire. Ma, i giovani e la musica?
È una bella domanda. Giovani e musica hanno un rapporto fondamentale ed anche molto stretto, perché la musica è un filo conduttore che accompagna la crescita, la formazione e la personalità. Parliamo dei giovani che la musica la fanno. È molto duro riuscire ad emergere, perlomeno in Italia, dove c’è molta predominanza dei cosiddetti talentshow per cui il circuito radiofonico e televisivo è alquanto monopolizzato. Molte trasmissioni hanno dei canoni che influenzano il mercato e moltissime buone realtà musicali non riescono ad avere il riconoscimento che meritano. Per i giovani che vogliano farne una professione è una sfida continua.
Quale complimento ti piacerebbe ricevere?
Per un musicista e compositore quello migliore è sentirsi dire “i tuoi pezzi mi sono arrivati”. Allora, per concludere questa bella intervista, voglio salutarti
dicendo che “ti ho capito”, ho capito chi sei, perché per me quello che conta in un artista è la persona “umana”, e la sensibilità che fa da sfondo al suo talento. Ed è per questo che ti auguro tanto successo. Tutto il successo che meriti.





