Fabio Casciotti: l’ICE anche nei momenti di crisi

Intervista di Paola Pacifici

Intervista di Paola Pacifici

Il 2010 è stato abbastanza positivo per le attività dell’Istituto, abbiamo realizzato 36 iniziative promozionali. Il 2009 è stato un anno particolarmente negativo, il 2010 non è stato roseo, però per quanto riguarda la nostra attività specifica ha fatto intravedere dei timidi segnali di ripresa. La crisi spagnola ha influito parecchio sulle nostre aziende. La Spagna era vista come un paese in continuo sviluppo negli ultimi anni, essendo divenuto il terzo acquirente di prodotti Made in Italy, scavalcando gli Stati Uniti. L’interscambio fra Italia e Spagna è a un tale livello che anche nei momenti critici non scende al di sotto dei 15 miliardi di euro. Nei primi 10 mesi del 2010 l’export italiano di prodotti agroalimentari e bevande si attesta al disopra degli 800 milioni di euro. Al momento sembra iniziato un trend di recupero, che dovrebbe proseguire prevedibilmente nel 2011 e consolidarsi nel 2012. Sarà difficile ritornare a 4,5 miliardi di euro del 2008, ma potremmo recuperare un livello di 4 miliardi che sarebbe, comunque, un risultato positivo. In questo momento di crisi abbiamo adottato delle misure per aiutare le imprese italiane a mantenere l’esportazione verso la Spagna, cercando di incrementare la gamma dei nostri servizi di assistenza alle imprese e prestando una consulenza a quelle che volevano entrare per la prima volta nel mercato spagnolo.

Direttore, un consuntivo delle attività dell’ICE nello scorso anno?

Complessivamente il 2010 è stato abbastanza positivo per le attività dell’Istituto. Abbiamo portato regolar- mente a termine il nostro programma, realizzando 36 iniziative promozionali. La più significativa è stata la partecipazione collettiva alla Feria Alimentaria di Barcellona con circa 45 aziende nello stand italiano. Sotto il profilo promozionale direi, quindi, che il 2010 è stato un anno senza grossi problemi. Lo stesso anche per l’assistenza ed i servizi alle imprese ita- liane e spagnole, che comunque hanno registrato un certo aumento rispetto all’anno precedente. Il 2009 è stato un anno particolarmente negativo, il 2010 non è stato roseo, però per quanto riguarda la nostra attività specifica ha fatto intravedere dei timidi segnali di ripresa.

Come la difficile situazione di crisi spagnola ha influito ed influisce sulle nostre aziende e sul mercato?

Ha influito parecchio. La Spagna era vista come un paese in continuo sviluppo negli ultimi anni, essendo divenuto il terzo acquirente di prodotti Made in Italy, scavalcando gli Stati Uniti. Vi erano, pertanto, grandi aspettative verso questo mercato che sono andate in parte deluse. Per dare dei dati aggiornati, se prendiamo il periodo gennaio-ottobre del 2010, l’Italia ha esportato circa 13,7 miliardi di euro, cifra che rappresenta, se la vogliamo vedere in positivo, un incremento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente del 12,6%, quando il nostro export era stato di poco superiore ai 12 miliardi di euro. Ovviamente, se prendiamo come anno base il 2008, il discorso cambia notevolmente perché allora avevamo esportato, sempre nei primi dieci mesi, per 19 miliardi di euro. Quindi la riduzione è stata in questo caso rilevante.

Quali sono i settori che hanno sofferto di più, magari costringendoli a chiudere?

Vi sono alcuni settori che hanno avuto una contrazione importante, mentre settori che chiudono non ne esistono perché l’interscambio fra Italia e Spagna è a un tale livello che anche nei momenti critici non scende al di sotto dei 15 miliardi di euro. Le esportazioni spagnole sono più o meno equivalenti, per cui il totale dell’interscambio è di circa 30 miliardi di euro all’anno. Tutte le voci merceologiche sono regolarmente scambiate, sia importate che esportate. Si tratta del classico commercio intraindustriale tra due grandi economie mondiali, per cui non c’è nessun settore che chiude, ma ci sono settori che risentono più di altri della crisi. Quello che più ne ha sofferto prendendo come base il 2008, è quello delle tecnologie e dei beni industriali essendo più legato agli investimenti. Le aziende spagnole, in un momento di crisi, piuttosto che investire in tecnologie o in nuove attrezzature hanno preferito attendere e stare alla finestra. In questo settore il 2010 ha registrato un leggerissimo miglioramento rispetto al 2009, con esportazioni italiane per un valore di 3,2 miliardi di euro ed un incremento del 3,6%. Il settore che ha risentito meno della crisi è l’agroalimentare, a causa della composizione del nostro export, rappresentato da prodotti di base, come gli ortofrutticoli, il pesce e i prodotti da forno, meno sensibili alla congiuntura. Considerando sempre i primi 10 mesi dell’anno l’export italiano di prodotti agroalimentari e bevande si attesta al disopra degli 800 milioni di euro. L’esportazione di prodotti alimentari italiani è tradizionalmente intorno al miliardo di euro all’anno. Il fenomeno fondamentale che anche in tempi di crisi ha consentito il mantenimento dei livelli dell’export alimentare italiano, è quello relativo al boom della ristorazione italiana, che ha compensato anche qualche caduta del consumo privato. C’è una maggiore attenzione e consapevolezza verso la cucina italiana rispetto ad anni fa. L’unico prodotto di questo comparto che, rispetto al 2008, ha veramente risentito gli effetti della crisi, è il vino, sceso moltissimo. Nei primi 10 mesi del 2008 l’Italia ne ha esportato per quasi 80 milioni di euro verso la Spagna, mentre nello stesso periodo del 2010 solo 22,7. Tuttavia, va ricordato che le esportazioni di vino verso la Spagna sono legate anche a fenomeni stagionali, riguardando in parte vini sfusi sui quali influisce an- che l’andamento della produzione spagnola. I beni di consumo, in generale, sono diminuiti, ma non tantissimo. Nel periodo gennaio/ottobre 2008 ne abbiamo esportati per 4, 5 miliardi di euro, mentre i dati 2010 evidenziano un livello di circa 3, 5 miliardi di euro, con una ripresa rispetto al 2009 del 5%. Sul 2008 l’Italia ha perso un miliardo di euro. Si tratta di una riduzione rilevante, ma tutto sommato non drammatica. Al momento sembra iniziato un trend di recupero, che dovrebbe proseguire prevedibilmente nel 2011 e consolidarsi nel 2012. Sarà difficile ritornare a 4,5 miliardi di euro del 2008, ma potremmo recuperare un livello di 4 miliardi che sarebbe, comunque, un risultato positivo. Forse il segmento che più ha risentito della crisi è quello della gioielleria con una riduzione notevole. Nei primi dieci mesi del 2008 avevamo esportato gioielleria per circa 140 milioni di euro e adesso siamo intorno agli 80 milioni. Come già indicato, tra gennaio e ottobre 2010, l’Italia ha esportato complessiva- mente circa 13,7 miliardi di euro verso la Spagna e di questi ben 9,4 miliardi hanno riguardato il macrosettore “materie prime, prodotti industriali e beni strumentali” che rappresenta la prima voce delle nostre esportazioni. Si tratta del comparto che ha registrato il trend più negativo negli ultimi anni. A tal riguardo, basti pensare che nel 2008 le nostre vendite ammontavano a 13,5 miliardi di euro. Abbiamo perso, quindi, 4 miliardi. Comunque, il 2010 lascia intravedere un primo recupero rispetto ai livelli più bassi raggiunti nel 2009. All’interno di questo comparto, la performance migliore riguarda i prodotti chimici, che si sono ridotti negli ultimi due anni però non in percentuali critiche. I cali maggiori si sono registrati in settori quali attrezzature e componenti per veicoli (nel 2010 -40% rispetto al 2008, ma +19,3% sul 2009), veicoli da trasporto (-39% sul 2008 e +26% sul 2009) e macchine ed attrezzature elettriche (-41,2% e –9,4% rispettivamente sul 2008 e 2009). In generale tutte le voci di questo comparto hanno fatto registrare forti riduzioni rispetto ai livelli 2008 che potranno essere recuperate solo negli anni.

L’ICE in che modo ha risentito di questa crisi, ha adotattato delle iniziative specifiche?

Nel 2010, l’ICE non ha particolarmente risentito della crisi perché la nostra attività si è svolta regolarmente. Abbiamo, tuttavia, adottato senz’altro delle misure per aiutare le imprese italiane a man- tenere l’esportazione verso la Spagna, cercando di incrementare la gamma dei nostri servizi di assistenza alle imprese e prestando una consulenza a quelle che volevano entrare per la prima volta nel mercato spagnolo. In alcuni casi abbiamo aiutato le imprese ad esportare, mentre in altri purtroppo, in base alla tipologia dei prodotti, abbiamo consigliato di attendere momenti più favorevoli. Occorre distinguere fra imprese già presenti nel mercato, alle quali abbiamo suggerito azioni di mantenimento e difesa delle quote e di rimanere presenti, comunque, nel mercato. Infatti, i mercati non debbono essere abbandonati nei momenti di crisi per non trovarsi spiazzati alla ripresa. Per le imprese che si affacciano per la prima volta, invece, la situa- zione può essere diversa. Il consiglio che noi diamo in questo caso è questo: tentare di entrare nel mercato solo se si offrono prodotti che abbiano qualche punto in più degli altri o possiedano fattori competitivi particolarmente allettanti, come un rapporto prezzo-qualità favorevole o elementi innovativi che inducano l’importatore, il distributore o il cliente finale, ad acquistare pur in presenza della crisi. Se mancano punti di forza chiari, sinceramente l’ingresso di nuovi prodotti in un momento critico non è facilissimo e sconsigliamo, pertanto, investimenti considerevoli. Una grande economia come quella spagnola ha sempre delle finestre aperte, ma il successo dipende da ciò che si propone. Il punto di par- tenza è sempre il prodotto. Le faccio un esempio, anche in un momento di crisi come questo, una nuova tecnologia, una macchina che consenta di produrre meglio a costi inferiori ha possibilità di essere venduta, in quanto troverà sempre chi vuol fare un investimento per il futuro.

È cambiato e cambierà il mercato spagnolo?

In parte cambierà. L’economia spagnola per tanti anni si è basata sul boom del consumo. Non è stata certamente un modello di prudenza, ad esempio, nell’eccessivo ricorso al credito. Credo, quindi, che in questo possa cambiare. Ritengo che gli spagnoli abbiano compreso che anche un trend favorevolissimo come quello che ha avuto il Paese dalla fine degli anni ‘90 fino al 2007, dieci anni di boom economico ininterrotto, debba prima o poi finire come tutte le cose della vita. Quindi, se si consuma meno, se si fa qualche risparmio, se invece di comprare la macchina nuova a rate si lasciano i soldi in banca, forse non è sbagliato. Sotto questo profilo, ritengo che la mentalità si adeguerà alla nuova realtà, diventando più prudente e determinando meno debiti e più risparmio. Comunque, anche nelle crisi peggiori ci sono sempre elementi positivi. Si può uscire dalle difficoltà più forti, magari più piccoli sotto certi profili, ma più solidi, più accorti, con meno facili entusiasmi e con comportamenti compatibili con la realtà effettiva.

Le opportunità per le imprese italiane sul mercato estero, in questo caso la Spagna?

Per un gran- de  paese  industrializzato come questo, dimenticando per un momento la crisi attuale, occorre comunque fare una considerazione che rimane sempre valida: le concrete possibilità di esportare dipendono dal prodotto che si proprone. In un mercato dove qualunque articolo è già presente, la possibilità di entrare, a maggior ragione in momenti difficili, è data dalle caratteristiche della propria offerta, quali prezzo, innovazione e qualità. Avere un punto di forza in più rispetto alla concorrenza determina la preferenza degli acquirenti. Per valutare le opportunità di penetrazione, non è possibile fare un discorso a livello di settore, ma vanno analizzate le potenzialità del singolo prodotto. Questo, perché nello stesso comparto ci sono articoli che vanno ed altri che non hanno successo. Ovviamente, il con- testo generale ha la sua importanza, ma per la singola azienda ciò che conta veramente è la sua competitività rispetto alla concorrenza. Le imprese italiane hanno capito perfettamente questo concetto. La crisi le spinge verso maggiori innovazioni, maggiore attenzione al prodotto e alle esigenze del consumatore. Questo è un altro elemento che si può leggere in positivo nel senso che, anche se alcune imprese sono costrette a chiudere sia in Italia che in Spagna, quelle che sopravvivono saranno più competitive e più pronte a superare le sfide del mercato globalizzato. Quella attuale può anche essere letta come una cri- si di crescita, grave, ma da cui i nostri Paesi potrebbe- ro uscire più forti.

Il rapporto dell’Italia verso l’economia internazionale?

A questo domanda è alquanto difficile rispondere, perché l’Italia è una delle più grandi potenze economiche del mondo, ma punta molto sulle esportazioni, che sono diminuite parecchio negli ultimi anni. Il nostro Paese si sta però riprendendo e tende a ritornare ai livelli precrisi. L’immagine dell’Italia è chiaramente positiva, anche grazie alle qualità dei nostri connazionali, che sono tradizionalmente dei risparmiatori e dei consumatori più attenti. Se anche in Italia c’è un elevato debito pubblico, frutto di una sedimentazione crea- tasi in tanti anni, questo è compensato dal risparmio privato. Non a caso l’Italia è stata riconosciuta dalle istituzioni europee ed internazionali tra i paesi che meglio hanno affrontato questa crisi.

Quali le previsioni economiche del Direttore dell’ICE per quest’anno?

Sarà un anno di svolta. L’anno non è iniziato bene, con il timore di default del Portogallo e la possibilità che anche questo Paese dovesse essere salvato, come già avvenuto per la Grecia e l’Irlanda. Ovvia- mente un’eventuale caduta del Portogallo avrebbe gravissime conseguenze per l’intera eurozona, ma soprattutto per la Spagna e questo per due ragioni. Primo perché la Spagna ha grossissimi interessi in Portogallo e poi perché tutti temevano che sarebbe stato il seguente paese oggetto della speculazione internazionale. Caduto il Portogallo, il successivo obiettivo avrebbe potuto essere la Spagna. Mi sembra di vedere che vi sia una presa di coscienza da parte di tutti che si tratti di un rischio da evitare. I paesi dell’eurozona stan no studiando proprio in questi giorni la possibilità di aumentare la dotazione finanziaria degli strumenti per aiutare gli Stati in difficoltà. I meccanismi di salvataggio attuale sono di circa 500 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti altri 250 miliardi del Fondo Monetario Internazionale. Si sta, tuttavia, discutendo all’interno dell’eurozona per aumentarli, portandoli ad un livello fino a 1.500 miliardi di euro. Si tratterebbe di una misura preventiva efficace per scoraggiare la speculazione internazionale. Mi auguro che la crisi del debito pubblico, che è gravissima per i paesi dell’eurozona, possa attenuarsi nel 2011. In tal caso, ci sarebbero effettivamente delle possibilità di ripresa per la Spagna e alla fine del 2011 finalmente si dovrebbe uscire da questo momento così grave. Il 2012 potrebbe segnare il momento della definitiva ripresa, con conseguenze positive anche per le esportazioni italiane. Certamente,è impossibile pensare di tornare immediatamente ai livelli del 2007, è però ragionevole pensare che possa iniziare, come in parte è già avvenuto quest’anno, un processo di recupero che alla fine porti ad una situazione più con- sona alla realtà e alle caratteristiche di una grande economia come quella spagnola.

Fabio Casciotti, nato il 23 giugno 1953. Diretto- re Ufficio ICE di Madrid e Direttore “ad interim” di ICE Lisbona. Laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Roma con 110/110. Procuratore Legale per l’abilitazione all’esercizio della professione forense conseguito a Roma, previo espletamento del praticantato obbligatorio. Esperienze professionali: dal 18 novembre 2002 al 25 giugno 2006 Direttore ufficio ICE di Parigi; Componente della Delegazione Italiana presso il B.I.E. – BUREAU INTERNATIONAL DES EXPOSITIONS, Organismo Internazionale competente per le Esposizioni universali e specializzate, su nomina del Ministero Affari Esteri e con dipendenza funzionale dal capo delegazione. Dal 1° maggio 2001 al 17 novembre 2002 Direttore del Dipartimento Formazione. Dal 1° settembre 1999 al 30 aprile 2001 Direttore Ufficio ICE di Madrid. Dal dicembre 1997 al 31 agosto 1999 Assistente del Direttore del Dipartimento Promozione. Rappresentante dell‘ICE nel comitato degli Enti Promozionali europei “WETFEG – Western Europe Trade Fairs Experts Group”. Rappresentante ICE nel Comitato Fiere costituito in ambito “GEPCI” -European Group for the Promotion of International Trade. Dal novembre 1992 al novembre 1997 Funzionario dell’Ufficio Cooperazione e Rapporti con gli Organismi Internazionali. Responsabile per i rapporti dell’ICE con la Banca Mondiale e preposto a favorire la partecipazione delle imprese italiane di consulenza ai Programmi “PHARE” e “TACIS” dell‘Unione Europea. Dall’agosto 1987 all’ottobre 1992 Vice-Direttore Ufficio ICE di Lisbona. Dal 1° ottobre 1981 al luglio 1987 Funzionario presso l‘Ufficio Collaborazione Industriale e Rapporti con gli Organismi Internazionali. Partecipazione a numerosi convegni e seminari sia in Italia che all’estero relazionati con le tematiche del commercio internazionale. Redazione di articoli ed interviste su quotidiani e pe- riodici italiani e stranieri. Ha frequentato corsi di formazione e di specializzazione come quelli di contrattualistica internazionale, marketing internazionale, tecniche avanzate di negoziazione, metodologie per la valutazione dei progetti di collaborazione industria- le dell’UNIDO PROSPIN e analisi delle procedure del C.D.I. – Centro per lo Sviluppo Industriale di Bruxelles per il finanziamento di studi di fattibilità nel PVS.

Il Direttore, Fabio Casciotti, all’inagurazione all’Ente Fiera di Ancona, Regione Marche, dello stand dell’Istituto Commercio Estero. Una delle tante iniziative promozionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le stime realizzate per l’intero 2010 evidenziano performance molto positive per le principali voci dell’export spagnolo verso l’Italia. I prodotti chimici, prima componente delle vendite locali al nostro mercato, sono cresciuti del 39%. Tassi di incremento superiori hanno registrato i prodotti siderurgici (+69%) l’elettronica e l’informatica (+126%) ed i prodotti semilavorati metallici non ferrosi (+61,3%). Da evidenziare, inoltre, i buoni risultati raggiunti dalle esportazioni di grassi e oli (+28,6%) e dei prodotti ittici (+15,7%). Unicamente le vendite spagnole di veicoli da trasporto e prodotti ortofrutticoli hanno avuto andamenti decrescenti rispetto al 2009.