Il Generale Butticè con e per L’A.N.F.I. BRUXELLES - Per il Presidente la Guardia di Finanza è la sua vita

Intervista di Paola Pacifici

Generale, Presidente della Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia a Bruxelles nella sezione Europea. Quali sono i suoi scopi,  le sue finalità ed i suoi programmi ?

La sezione di Bruxelles-Unione Europea è l’unica sezione all’estero dell’ANFI. L’ho costituita nel 2014, dopo essermi congedato dalla Guardia di Finanza, assieme ad alcuni valorosi colleghi che hanno condiviso con me i più nobili valori del Corpo della Guardia di Finanza, ma anche quelli della costruzione europea. Senza aver mai nascosto la fierezza di essere Finanzieri, seppure al servizio dell’Unione Europea. Pionieri dei servizi antifrode della Commissione Europea, che ho visto nascere ed ai quali ho dato tutto me stesso in oltre 25 anni di servizio. Le finalità della mia sezione sono quelle previste dallo Statuto dell’ANFI, ed in particolare quelle di promuovere e cementare l’unione di tutti i militari in servizio ed in congedo della Guardia di Finanza in Belgio, ed in particolare presso le Istituzioni Ue. Mantenendo vivi, nel culto della memoria delle migliori tradizioni del Corpo e dell’A.N.F.I., il sentimento patrio, lo spirito di corpo, lo spirito militare ed il senso dell’onore. Assieme però anche ai valori più nobili della costruzione europea. Vogliamo poi rafforzare a Bruxelles ed in Belgio i sentimenti di fratellanza e di solidarietà tra i Finanzieri in servizio e quelli in congedo e tra essi e gli appartenenti alle altre Forze Armate e di Polizia, e le rispettive associazioni. In questo ambito abbiamo una stretta collaborazione con le sezioni UNUCI del Belgio e dell’Associazione Nazionale Carabinieri Benelux. Quest’ultima presieduta dall’amica Elisabetta Bortoluzzi, brillante funzionaria del Parlamento Europeo. La sezione è sempre disponibile ad attività di volontariato a favore della collettività italiana in Belgio, in stretto contatto con la nostra Ambasciata e la stessa Ambasciatrice Elena Basile, che partecipa spesso ai nostri scambi augurali di fine anno ed alle celebrazioni dell’anniversario della fondazione della Guardia di Finanza. Tra le varie attività di solidarietà, sono particolarmente fiero del fatto che la mia sezione sia stata la sezione ANFI che ha vinto la gara di generosità per fare fronte all’emergenza Covid-19 in Italia. I nostri soci hanno voluto donare 8.000 euro alla Onlus Fiamme Gialle di ieri, destinati alle strutture ospedaliere italiane. A questo contributo si aggiungono quelli derivanti dalla cessione mensile di una parte dello stipendio o della pensione di alcuni di noi alla Fondazione Roi Baudoin, nell’ambito dell’iniziativa di solidarietà contro il Covid19 dell’associazione di funzionari europei EUstaff4climate, e la raccolta di fondi per i terremotati di Amatrice. Sono pure fiero di avere nella mia sezione due soci benemeriti del livello dell’ex Presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, e del celebre giornalista radio-televisivo, vaticanista ed esperto di sicurezza, Franco Bucarelli. Il nostro principale programma è quello di mantenere lo stesso entusiasmo di questi primi 6 anni di vita, nella fedeltà al nostro essere Fiamme Gialle europee.

Vivi a Bruxelles e sei stato dirigente della Commissione Europea?

Nel 1990 sono stato il primo militare in servizio presso la Commissione Europea. Ho contribuito personalmente alla creazione dell’Ufficio Europeo per la lotta alla Frode (OLAF). Vi sono rimasto sino al marzo del 2018, dedicando ogni mio sforzo ed energia personale, anche a rischio della salute, all’ideale europeo. Ma anche alla proiezione europea, e poi internazionale, della Guardia di Finanza. Prima presso l’Unitá Anti-frode della Direzione Generale dei Bilanci della Commissione Europea, quale Ufficiale Esperto Nazionale. Il primo della Guardia di Finanza, ma anche il primo militare e appartenente alle forze di polizia d’Europa presso un’Istituzione Ue che, a quei tempi (si chiamava ancora CEE), non aveva alcuna familiarità né col mondo militare né con quello investigativo. Sono Stato nominato capo Unità e dirigente abbastanza giovane, e lo sono rimasto per 18 anni, sino al mio congedo. Che ho dovuto anticipare per qualche acciacco, su vivo consiglio dei miei medici. Dopo essere stato portavoce dell’OLAF, per quasi un decennio, ero stato nominato portavoce-aggiunto della Commissione Europea dal Presidente Barroso. Anche se poi ho dovuto rinunciare all’incarico per lealtà al Direttore Generale dell’OLAF, e fare fronte ad alcuni attacchi mediatici basati su quelle che nessuno chiamava ancora “fake news”, ma che ho saputo combattere con molta determinazione. Ed anche un certo successo. 

Che cos’è oggi l’Unione Europea e cosa secondo te bisognerebbe cambiare, se c’è qualcosa da cambiare?

Sono padre di quattro figli e nonno di quattro nipoti. Tutti giovani e giovanissimi europei. Ed ho dedicato tutto me stesso per contribuire al loro futuro sognando l’unità europea. Consapevole che al di fuori dell’unico progetto di costruzione sovranazionale pacifica della storia dell’uomo, per il mio Paese non vi sia altra alternativa che quanto preconizzato da Giambattista Vico, un grande italiano.  E cioè il ritorno ai drammi del XX Secolo o, nella migliore delle ipotesi, alla colonizzazione da parte di una potenza straniera. Tertium non datur. Anche ora che ho lasciato la Commissione europea, la fiamma europea, oltre a quella gialla, continua ad ardere nel mio essere. Da patriota. Perché sono certo che l’Italia avrà sempre bisogno dell’Europa non meno di quanto l’Europa abbia bisogno dell’Italia. E nel mio difendere l’Italia in Europa e l’Europa in Italia, nelle mie attività editoriali e di volontariato, ma anche nella vita di tutti i giorni, non posso che registrare con dolore un pericoloso scollamento tra le mie due Patrie. Ma anche tra l’Ue e l’Europa unita dei padri fondatori. Con il nazionalismo, che nulla ha a che vedere col nobile Patriottismo, nel mio Paese in alcuni momenti ho persino rischiato di essere considerato da alcuni come un “traditore”. Perché non ho mai smesso di inseguire il sogno europeo e rispetto la bandiera stellata, oltre che il tricolore. È cosa che non posso certamente permettere. Soprattutto a chi, fino a qualche tempo fa, disprezzava persino bandiera e inno nazionale. Ma così va il mondo, e non è ciò che più mi preoccupa. Quello che più mi preoccupa è quando vedo l’incapacità dell’UE a fare fronte alle sfide e alle urgenti richieste provenienti dai cittadini. Nel difendere la mia vecchia istituzione, non posso non osservare che dagli anni in cui la Commissione era il vero motore sovranazionale, ed il vero guardiano dei Trattati, oggi è diventata una specie di segretariato generale del Consiglio. Quel Consiglio che – e molti cittadini non lo sanno – è composto dai governi nazionali, ed è oggi il vero motore e l’organo decisionale europeo, all’insegna del più ottuso egoismo. Penso che non si debba sottovalutare il nazionalismo sovranista in Italia, con movimenti che fino a poco tempo fa inneggiavano persino all’Italexit, anche se ora sembra che la ragione stia nuovamente prevalendo. Grazie anche alle azioni coraggiose e senza precedenti dell’Ue di fronte alla pandemia. Ma credo sia venuto il momento per tutti coloro che credono ancora nell’unità Europea di metterci la faccia con grande decisione. Ed è assolutamente indispensabile che le stesse istituzioni alzino la voce per far sapere quello che l’Ue sta già facendo. E dovrebbero farlo con azioni di comunicazione tipo Karshere, e non con il solito annaffiatoio utilizzato nel deserto dell’atavica disinformazione sull’Europa. Quello che l’UE non sta invece ancora facendo è ora di cominciarlo a fare molto rapidamente. Mettendo i capi di Stato e di Governo e i leader politici nazionali di fronte alle loro responsabilità. Denunciandoli duramente dinanzi alle loro opinioni pubbliche quando non le assumono. Senza più dare loro alcuna possibilità di scaricare su Bruxelles la colpa delle loro egoistiche decisioni elettorali. Bisogna continuare nello slancio post-pandemico dell’Europa della solidarietà e non dell’homo homini lupus. E proprio la pandemia ha dimostrato l’impossibilità di ogni stato membro a fronteggiarla da solo Per l’Ue, pur nella sua tragicità, il Covid19 è stata una grandissima occasione di riscatto. Che sinora ha saputo non perdere.

Hai avuto anche altrettanti incarichi importanti oltre ad essere oggi un rappresentante dell’ANFI, come Generale, della Guardia di Finanza in congedo? Quale l’esperienza più significativa ?

Nella mia vita professionale ho avuto la fortuna di soddisfare tutte e tre le mie passioni giovanili. Che ai tempi del liceo mi facevano esitare tra la carriera militare, quella giornalistica e quella diplomatica. Sono stato molto fortunato. E lo devo senz’altro alla Guardia di Finanza prima, ed alla Commissione Europea poi, che me l’hanno permesso. Nella Guardia di Finanza mi vengono normalmente riconosciuti due meriti, per i quali penso aver lasciato una traccia della mia opera. Il primo è quella di avere iniziato, dal 1985 al 1990, una rivoluzione nel campo della comunicazione istituzionale delle Fiamme Gialle e del loro rapporto con i media ed i cittadini. Un lungo e faticoso percorso, il cui inizio l’ho descritto in un libro pubblicato nel 1990, dal titolo “Forze dell’Ordine e Comunicazione”, con prefazione di Maurizio Costanzo. È in quegli anni che è cominciato il lungo percorso che ha portato la Guardia di Finanza a diventare quest’anno, secondo un sondaggio dell’Eurispes, il corpo di polizia più amato dagli italiani. Il secondo, quello di avere portato la Guardia di Finanza in Europa, proseguendo l’attività pedagogica che avevo cominciato in Italia su quanto le Fiamme Gialle possono e sanno fare a tutela non solo dell’Italia ma anche degli interessi economico-finanziari e della sicurezza di tutta l’Unione Europea. A Bruxelles ho avuto il privilegio di veder nascere, contribuendone alla creazione, non solo i servizi anti-frode dell’Unione Europea, accorpati tutti nell’UCLAF (l’Unità di Coordinamento della Lotta Alla Fode) prima, e nell’OLAF (Ufficio Europeo per la Lotta Alla Frode) poi, ma anche quello che, col tempo, è diventato il germe che ha dato vita all’attuale EPPO (l’Ufficio del Procuratore Europeo). Sono tantissimi gli aneddoti che potrei raccontare. E che forse un giorno raccoglierò assieme alle memorie di questi tre decenni molto intensi. Durante i quali ho reclutato diversi investigatori, civili e militari, europei. Compresi altri altri finanzieri, alcuni dei quali si sono dimostrati capaci di diventare funzionari europei di altissimo livello e prestigio. Assieme a quelli di loro che nel tempo hanno saputo conservare la condivisione di quegli stessi valori, senza mai ripudiare l’essere sia autentici Finanzieri che convinti europeisti, siamo riusciti a dare un grande contributo per far diventare la Guardia di Finanza un fiore all’occhiello italiano in Europa e nel mondo. In alcuni casi anche strumenti di politica estera nazionale. A cominciare dalla missione sul Danubio, durante la guerra nella ex Jugoslavia. Ma facendo anche scoprire a chi, in Europa, vedeva e considerava l’Italia solo come la patria delle frodi, che il nostro Paese era anche la Patria della lotta al crimine organizzato internazionale, dei Petrosino e dei Falcone, e non solo degli Al Capone e dei Riina. A casa mia, a Bruxelles, assieme al Generale Nicolò Pollari (allora Capo di Stato Maggiore del Comando Generale cui, assieme al Comandante Generale Luigi Ramponi, va il merito di avere avuto il coraggio di fare compiere, mio tramite, i primi passi nella proiezione internazionale della Guardia di Finanza) e agli Ambasciatori Rocco Cangelosi e Cosimo Risi, germogliò l’idea di distaccare degli Ufficiali della Guardia di Finanza presso le principali sedi diplomatiche italiane nel mondo. Ne seguii personalmente da Bruxelles tutto il progetto, assieme ad Ambasciatori del livello di Umberto Vattani. Ed accettai la richiesta  del Comandante Generale pro-tempore di ricoprire, durante la presidenza italiana dell’UE del 2003, l’incarico di primo Esperto del Corpo, presso la Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione Europea. La cosa poi non si realizzò perché il Ministero degli Esteri non accettò che potessi limitarmi a farlo solo per un semestre, non potendo lasciare per un periodo più lungo il mio posto di dirigente e portavoce dell’OLAF.

Come è cambiata l’operatività della Guardia di Finanza. Quanto i mezzi sociali influiscono sulle attività dei finanzieri?

Premetto che rispondo sempre a titolo prettamente personale. Non rappresentando più oggi né la Guardia di Finanza né l’Unione Europea. La Guardia di Finanza è una forza di polizia economica-finanziaria il cui prestigio è ormai di livello mondiale. E per tantissimi Paesi è un esempio investigativo e di enforcement invidiato e da seguire. Perché ha saputo tenere il passo dei tempi, adeguandosi a scenari mutevoli sia sul piano economico-finanziario che criminale. Diventando nel corso degli anni uno strumento modernissimo, duttile e utilizzabile negli scenari, anche internazionali, più disparati. Il suo essere infine un corpo militare la rende modernissima, soprattutto in un’epoca in cui le guerre si combattono soprattutto sul piano economico e tecnologico. Da tempo la Guardia di Finanza è molto presente anche sui social. E, salvo rare eccezioni, ritengo lo faccia in modo molto professionale e disciplinato. Come ci si dovrebbe aspettare da un’organizzazione strutturata, coesa e complessa, i cui appartenenti assumono, all’atto del giuramento, doveri militari che presuppongono un costante bilanciamento con alcuni diritti costituzionalmente garantiti. Quali la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero in tutte le sue forme. Questo non implica, ovviamente, un’anacronistica astensione dai “social”, che sono fenomeno in costante evoluzione e che ormai contraddistingue la società contemporanea, di cui il Corpo, pur mantenendo saldo l’orgoglio e l’attaccamento alle proprie tradizioni plurisecolari, rappresenta una delle più moderne espressioni. Ma il tutto deve essere regolato da precise norme interne. Pertanto ho molto apprezzato l’emanazione di una recente circolare del Comando Generale del Corpo sull’”utilizzo dei social network e dei moderni strumenti di comunicazione”. Che a mio avviso dovrebbe costituire un esempio anche per altre strutture dello Stato. Mi piacerebbe tantissimo ad esempio, se lo fosse anche per la Magistratura. E lo dico pensando, tra i tanti altri, ad un recente caso che ha coinvolto un candidato alla Presidenza della Corte dei Conti, in relazione ad un tweet a valenza fortemente politica fatto a suo nome, ma del quale il magistrato avrebbe negato la paternità. Giustificandosi con l’affermare, secondo quanto letto sulla stampa, che il suo Ipad lo lasciava incustodito nel suo ufficio e qualcun altro avrebbe quindi postato a suo nome e a sua insaputa il Tweet indelicato. 

Oggi la Guardia di Finanza è?

Oggi la Guardia di Finanza è la polizia economico-finanziaria della Repubblica Italiana, ma anche dell’Unione Europea, della quale sorveglia oltre settemila chilometri delle sue frontiere esterne. Un patrimonio italiano, ma anche europeo. Senza dimenticare che il crimine organizzato ha come finalità principale il profitto economico-finanziario.

Fra tante tue attività c’è anche il giornalismo. Infatti sei un famoso giornalista  e  fai anche attività associativa  come  volontario. Ma non escludi altre attività.. quali possono  essere?

Sono iscritto da oltre trent’anni all’ordine dei giornalisti. Dopo il tempo dell’impegno a livello nazionale, nella Guardia di Finanza, e quello internazionale, presso l’Unione Europea, per scelta personale vivo ora nell’impegno associativo, sociale e giornalistico. Attività quest’ultima che di fatto svolgo ininterrottamente dall’età di 16 anni, quando ero collaboratore del «Gazzettino», col quale vinsi anche un concorso giornalistico che mi fece trascorrere un soggiorno linguistico ad Oxford. Dopo aver sinora rifiutato diverse proposte professionali, e anche qualche incoraggiamento all’impegno politico (che non considero tuttavia nel mio DNA, avendo sinora scelto di restare un libero pensatore e servitore delle istituzioni, privo di qualunque etichette partitica), oltre alle mie regolari collaborazioni con Il Riformista, l’AISE (Agenzia Internazionale Stampa Estera), e quelle occasionali con Il Finanziere, Fiamme Gialle ed altri giornali, dedico il mio tempo restante ad attività di volontariato, sociali ed associative. Quali, ad esempio, oltre all’ANFI, l’Associazione Nazionale Insigniti dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (ANCRI), nella quale sono Delegato Nazionale per il Belgio, gli Organismi internazionali ed il coordinamento delle 18 delegazioni all’estero, ed il Rotary Club di Bruxelles-Ouest, dove sono il Tesoriere, dal 2018, ed il presidente eletto per il 2021/2022. Tutta la mia attività è assolutamente volontaria. Perché non voglio avere nulla in cambio al mio impegno, se non la soddisfazione di continuare a dare il mio contributo in ciò che credo. Con lo spirito di servizio alle mie due Patrie: l’Italia e l’Europa. Che mi consente però anche il lusso di poter fuggire dai tanti tromboni autocelebrativi, tanto affetti da prezzemolite (cioè dal desiderio compulsivo di essere ovunque) quanto poco affidabili negli impegni presi, da cui spesso siamo circondati e con i quali ho pure avuto a che fare. Il lusso cioè poter prendere immediatamente le distanze quando la loro frequentazione diventa per me insopportabile. Ragione per la quale, ad esempio, lo scorso anno ho deciso di abbandonare una rivista che avevo io stesso fondato ed anche finanziato, e di cui ero il condirettore. La libertà e l’indipendenza non hanno per me prezzo. E, dopo averla meritata, me la voglio godere pienamente e serenamente.

Generale, ti definisci da sempre,” patriota italiano ed europeo”. Anche i giovani, secondo te, si sentono così?

Contrariamente a qualche altro ex collega, durante il mio servizio presso l’Ue non ho mai voluto dismettere il mio status di Ufficiale della Guardia di Finanza italiana. E sono fiero di aver contribuito a far sì che l’Italia abbia cominciato a non essere più considerata solo il Paese delle mafie, ma anche un esempio europeo nella lotta alla criminalità transnazionale. Non ho mai voluto lasciare le Fiamme Gialle perché sono sempre rimasto un Patriota italiano (anche in anni in cui non era di moda esserlo) ed un Patriota Europeo (anche oggi che non è di moda esserlo). Il mio giuramento di fedeltà alla Repubblica Italiana e di osservanza della sua Costituzione, in particolare gli articoli 10 e 11, sono stati la bussola del mio servizio col doppio cappello di ufficiale italiano e dirigente dell’Unione, per quasi tre decenni. Per questo amo definirmi patriota italiano ed europeo. Sapendo che è impossibile essere un patriota italiano, senza esserlo anche europeo. Molti giovani cominciano ad esserlo. Ma bisogna che i meno giovani gliene spieghino le ragioni.

Una tua frase :”Il tempo prezioso delle persone mature”, che cos’è il tempo prezioso e  quale è il tuo?

La mia filosofia di vita attuale è tutta racchiusa in quel bellissimo testo di Mario De Andrade, dal titolo “Ho contato i miei anni”, che consiglio di leggere a tutti coloro che sono entrati nella cosiddetta maturità. Il mio tempo prezioso è quello in cui non c’è più spazio, per utilizzare le parole di De Andrade, “per sopportare persone assurde che, oltre che per l’età anagrafica, non sono cresciute per nessun altro aspetto. Non ho tempo, da perdere per sciocchezze. Non voglio partecipare a riunioni in cui sfilano solo “Ego” gonfiati. Ora non sopporto i manipolatori, gli arrivisti, né gli approfittatori. Mi disturbano gli invidiosi, che cercano di discreditare i più capaci, per appropriarsi del loro talento e dei loro risultati…”

Vuoi mandare, attraverso questa tua intervista, un messaggio a tutti i finanzieri che lavorano in questa importante  forza dell’ordine  italiana che ci rende orgogliosi?

Quello di essere sempre fieri del Corpo cui appartengono. E ripagare questa fierezza con la più grande dedizione. Senza mai credere che l’erba del vicino sia sempre più verde. Anche se, come tutte le cose e tutte le organizzazioni di questo mondo, anche la Guardia di Finanza può avere i suoi limiti e possibilità di miglioramento. Ma bisogna riuscire a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e cercare di riempirlo. E mai, come fanno alcuni, vedere solo la parte mezza vuota, rischiando persino di svuotarlo. Perché anche le grandi istituzioni sono fatte di uomini. Con i loro pregi e difetti. Bisogna però sempre sapere distinguere le Istituzioni, che restano e vanno protette, sempre, dalle singole persone che le rappresentano in un determinato momento, ma che passano. A volte senza lasciare neppure un segno, altre lasciando persino segni negativi nel morale di alcuni. Ma spessissimo, come nella Guardia di Finanza di questi ultimi decenni, riuscendo a farla progredire costantemente. La più grande soddisfazione che voglio poi partecipare alle più giovani Fiamme Gialle è quella di aver riscontrato che gli sforzi compiuti dai primi Finanzieri europei non sono stati vani. Sono stati invece valorizzati e consolidati dalla maggior parte delle gerarchie che si sono succedute in questi tre decenni al vertice del Corpo. Con Comandanti Generali di altissimo livello, quali l’attuale, Gen. C.A. Giuseppe Zafarana, ed i suoi predecessori provenienti dal Corpo, i Gen. C.A. Giorgio Toschi e Saverio Capolupo, o quelli provenienti dall’Esercito, ma con esperienza internazionale, come il Gen. C.A. Luigi Raponi ed il Generale Rolando Mosca Moschini. Che hanno tutti saputo confermare le Fiamme Gialle quali attori sullo scenario mondiale, capaci di essere accolti e ascoltati, quali rispettati testimoni del virtuosismo e della legalità italiani, nelle sedi internazionali più prestigiose, a cominciare dalle aule del Parlamento Europeo. Assieme a tanti bei ricordi, ma anche alle ferite di tante battaglie (qualcuna provocata persino da fuoco « amico »), vorrei infine trasmettere la fierezza del contributo prestato in oltre un quarto di secolo, da Fiamma Gialla e Patriota italiano ed europeo, nella costante difesa dell’Italia in Europa e dell’Europa in Italia. Senza mai ripudiare – nonostante anche alcune pressioni subite, fatte di lusinghe, promesse e anche di qualche minaccia – né le Fiamme Gialle cucite per sempre sulla mia pelle, né la bandiera di ispirazione mariana che sventola nel mio cuore assieme al tricolore ed ai valori più nobili dell’Unione Europea. E sempre seguendo il monito del mio prima autista, quando, a soli 24 anni, comandavo la Tenenza della Guardia di Finanza di Sapri. L’appuntato Amedeo Laino, che poteva essere mio padre, ripeteva spesso che le cose andavano sempre fatte: “non per timore di pena, né speranza di ricompensa, ma per intima convinzione”. Concludendo però con un monito al suo giovane tenente, che invitava a stare sempre: “davanti ai cavalli, dietro ai cannoni e lontano dai superiori”.

Il Generale Alessandro Butticé consegna il crest della Sezione ANFI di Bruxelles-Unione Europea all’Ambasciatrice d’Italia in Belgio, Elena Basile. 

Il Generale Alessandro Butticé con Franco Bucarelli