Per Freud … è una “Ossessione” ROMA - Noi e la "Juventus"

Intervista di Paola Pacifici

Intervista di Paola Pacifici

Accanto a una gigantografia del libro a Radio24

Massimo, un avvocato che ama la Juventus, perchè e come la ama ?

È un amore trasmesso da mio padre e consolidato da mio fratello, poco più grande di me e tifoso bianconero anche lui, e da mia madre, non particolarmente tifosa ma interessata a farci tifare tutti per la stessa squadra: voleva dire una passione in comune, meno discussioni calcistiche e anche meno partite da guardare… Spesso ci si chiede come mai si scelga una squadra piuttosto che un’altra, o perché vivendo a Roma o Napoli si tifi per la Juventus: in troppi non capiscono che si tratta di scelte fatte in giovane età per motivi familiari, la città a quell’età viene giustamente in secondo pieno. Per me, a 6 anni, contavano più i miei parenti del Colosseo…

Il tuo libro ha una copertina e un titolo che parlano, cioè?

Il titolo è “Juventus, un’ossessione italiana”, perché sono convinto che si tratti di un sentimento che va oltre la semplice e sana rivalità sportiva: in copertina c’è Freud vestito di bianconero, pronto ad analizzare i tanti ossessionati. E si badi bene, non mi riferisco tanto ai singoli tifosi, ma ad alcuni organi di informazione, istituzioni come PM o politici con ruoli di assoluto rilievo che parlano apertamente, senza alcun pudore, di “odio” per la Juve o dei presunti “furti” della società bianconera. Finché lo dice qualche tifoso al bar va bene, ma se arriviamo a quei livelli non è più una cosa normale…

La Juventus è il sogno da realizzare ed in alcuni casi realizzato di molti giovani, ma oggi il calcio che cos’è?

Il calcio rimane il sogno da realizzare di tanti ragazzi: la sfida del prossimo decennio, per questo sport, sarà quella di trovare il modo di attrarre le generazioni più giovani, che hanno sempre meno pazienza e si annoiano magari a guardare venti o trenta minuti di partite senza grandi emozioni. Ma se andiamo a vedere la passione esistente nel calcio giovanile, capiamo che giocare per la Juventus o per le altre grandi squadre, realizzare una rete all’Allianz Stadium, a San Siro, all’Olimpico o al San Paolo è tuttora il desiderio più frequente dei ragazzi quando sognano il loro futuro.

Il calcio femminile ha oggi una sua importanza ed anche un suo pubblico o è lo stesso di quello maschile?

Il sogno di cui parlavamo al punto precedente, grazie all’espansione del calcio femminile, ormai riguarda sempre più spesso anche le ragazze. Credo che gran parte del merito vada riconosciuto proprio alla mossa della Juve di dare vita alle Juventus women, che hanno avvicinato a questo calcio tantissimi tifosi della squadra maschile, con dominio e trionfi già dai primi anni di vita. In tanti grandi club hanno preso spunto e ora, per esempio, è la Roma a vincere meritatamente: questi duelli, solo qualche anno fa, non erano neanche immaginabili.

Una squadra di calcio rappresenta la nostra società?

No, personalmente non ho mai attribuito a una squadra di calcio chissà quali valori o responsabilità sociali: ci sono diverse società che pretendono di rappresentare l’onestà o addirittura la difesa di una città. Per carità, i club devono semplicemente costruire squadre nel modo migliore, esultare in modo responsabile e rispettoso quando si vince, non cercare alibi alimentando veleni quando si perde. Stop. A difendere e migliorare le città di Napoli, Roma, Milano e Torino, è bene che pensino le istituzioni locali (e i cittadini), non certo i presidenti delle squadre.

Quanto e come i social influiscono sulla vita del calciatore, in negativo ed in positivo?

Ho l’impressione che i giocatori di questa generazione, in particolare i più giovani, siano fortemente condizionabili dai social. Le star mondiali viaggiano a un altro livello e magari neanche li leggono, ma tutti gli altri li controllano di certo, è quasi inevitabile: a loro arrivano lusinghe e ammirazione, ma anche le critiche, le cattiverie, le allusioni sulla vita privata. Devono avere la forza di non farsi influenzare: si tratta comunque di ragazzi talvolta molto giovani, sicuramente talentuosi e privilegiati ma non sempre già formatisi del tutto dal punto di vista caratteriale.

Giocare a calcio ti insegna a vivere, e come? Con i suoi momenti di gloria e di sconfitta?

Il calcio, come ogni sport, ti insegna tante cose che ritroverai nella vita: per esempio, non si può vincere sempre ma dopo una sconfitta, per quanto amara, c’è sempre un’occasione per riscattarsi; quando si vince devi rispettare lo sconfitto, perché in futuro magari si ribalteranno i ruoli; non sempre vince il più talentuoso, ma talvolta anche chi si applica e ci crede di più. E così via: dallo sport si possono trarre infiniti insegnamenti…

Mio padre era il presidente di una squadra di calcio e quando i “suoi”( come li chiamava lui) perdevano erano giorni di tristezza in casa…? E’ ancora così o l’ottimismo oggi prevale?

Spero vivamente che sia ancora così: dopo una sconfitta il giocatore/allenatore/dirigente deve essere arrabbiato e pensare da subito a come fare per ottenere il risultato opposto nella partita successiva. Ovviamente non bisogna poi drammatizzare, si tratta pur sempre di temporanee disavventure sportive, ma mi piace l’idea che i tesserati di una società tengano molto al risultato, che una sconfitta peggiori l’umore e la vittoria al contrario ci dia nuove energie.

Il calcio italiano è europeo?

Il calcio italiano vive un momento particolare: le squadre di club fanno discretamente (Atalanta e Fiorentina sono arrivate fino in fondo alle loro competizioni continentali, la Roma quasi, l’anno scorso abbiamo avuto tre finaliste benché sconfitte all’ultimo atto), ma non si ha la percezione di un movimento in espansione, ben governato, con visioni a lungo raggio. Le principali società sono in difficoltà economiche, i più grandi campioni giocano all’estero, gli stadi – Juve a parte – sono talvolta fatiscenti, la giustizia sportiva appare umorale e aleatoria (durissima e rapida con alcune squadre, dormiente e prudente con altre). Servirebbero istituzioni più credibili e presidenti interessati ad avere una visione, al domani e non solo a vincere le piccole battaglie del giorno per avere magari qualche euro in più. A oggi non è così.

Hai un master come avvocato di diritto europeo, quali le differenze , se ci sono, con il diritto italiano?

Il diritto europeo mi ha sempre affascinato: credo che dovremmo essere tutti più interessati a capire come si arrivi a determinate decisioni delle istituzioni europee. C’è poca preparazione e interesse, si sentono slogan – dai cittadini ma anche da politici candidati alle elezioni continentali – non rispondenti alle reali dinamiche del diritto europeo. Discorso diverso ma tutto sommato analogo vale per il diritto comparato, per esempio tra la nostra Costituzione e le altre: allargare la mente e capire come funzionano regole e princìpi negli stati che abbiamo intorno aiuta a capire anche limiti e pregi del nostro diritto. Restando a un paragone calcistico, è come seguire con interesse i campionati esteri e le coppe europee: non si può restare eternamente confinati nelle beghe di casa nostra…

Tornando alla tua “amata e ossessione” pensi che con tanti successi…si può dire…”l’invidia non tace…dove la gloria grida?”

Mi piace! Ma questo dovrebbe al più valere per i tifosi rivali: quando poi vedi che ne sono colpiti anche istituzioni e organi di informazioni, vuol dire che c’è davvero bisogno di Freud…