Intervista di Paola Pacifici
Grazia, sei laureata in “Lettere Classiche”, cosa comprende questa laurea e perché l’hai scelta?
Ho seguito la mia passione, l’amore per la letteratura. Il mio desiderio era di approfondire, di avere una visione più completa della nostra letteratura e per far questo ritenevo imprescindibile risalire alle radici, alle origini: partire dal mondo antico per analizzare così gli sviluppi, le trasformazioni dei modelli classici nel corso del tempo e allo stesso modo esaminare le innovazioni letterarie fino alla contemporaneità, ma non solo… Sin dal liceo ero rimasta affascinata da come nel mondo classico si potesse ritrovare tutto, le basi di qualsiasi sapere, le strutture portanti della nostra cultura e identità europea; in nuce, mi sembrava di ravvisare già in quel mondo, in apparenza così lontano, quelli che sarebbero stati dei tratti distintivi della contemporaneità. Come in fondo diceva il poeta inglese Percy Bysshe Shelley “siamo tutti Greci”, proprio perché deriviamo tutto da loro: basti solo pensare ad esempio all’arte, alla filosofia, al teatro, alla musica, alla politica, al concetto di democrazia; ma anche la nostra percezione del “bello”, i nostri canoni hanno le loro radici in Grecia. Fondamentale poi è stata la rielaborazione dei Romani con il loro nuovo vigoroso apporto, nonché le successive influenze esterne. Ho scelto il corso di laurea in Lettere Classiche perché attraverso questi studi posso dire di essermi lasciata trasportare dall’onda dello stupore di una bellezza antica ma, al contempo, sempre nuova e attuale… Ho scelto questi studi perché mi appassiona: la potenza del giambo di Archiloco, prorompente nella sua nuda umanità; la feroce forza caricaturale di Ipponatte, che ne fa il vero rovescio dell’epos; l’esaltazione della virtù guerriera di Tirteo; la raffinata dolcezza di Saffo; la sapienza enciclopedica dei poemi omerici; il patrimonio inestimabile della tragedia e della commedia, i filosofi, gli storici e poi tutti gli autori latini che attraverso il processo dell’ imitatio-aemulatio, attraverso la tecnica della contaminatio delle opere e degli autori greci, hanno dato vita ad una nuova e originale letteratura. Mi entusiasma: lo sperimentalismo dell’arcaico Ennio; il <<metateatro>> e la spiccata comicità di Plauto, quella invece più pacata di Terenzio, che privilegia il carattere morale e intimistico; la gioia per i baci espressa da Catullo e il suo amore per Lesbia; la molteplicità dei piani di lettura delle opere di Cesare; l’italum acetum della satira; la potenza delle immagini di Lucrezio, espresse nei suoi tam lucida carmina; l’idea di humanitas che si ha in particolare grazie alle opere di quel sapiente maestro che è Cicerone. Che dire poi dei “paesaggi spirituali”, della pietas e di quel tragico amore di Didone eternato da Virgilio; della freschezza di Orazio, nella sua ricerca della voluptas moderata dalla metriόtes, bilanciata dall’autárkeia; di Ovidio, lieto e scherzoso cantore dei <<teneri amori>>; della scrittura dell’interiorità inventata da Seneca, della forza mimetica e della profonda introspezione psicologica delle sue tragedie; della potentiae cupido di Tacito, straordinario indagatore dell’animo umano e acuto interprete del suo tempo e di tanti altri ovviamente ma, com’io li percepisco, saria lungo a dirti… Lettere Classiche, oltre agli esami caratterizzanti di Latino e Greco, Storia Antica, comprende anche diversi altri esami come: Filologia (dalla Micenea, alla Classica, alla Romanza, all’Italiana), Storia Moderna e Contemporanea, esami di Letteratura Italiana, Linguistica Italiana, Geografia, Glottologia e tanti altri che posso poi essere a scelta. C’è la possibilità infatti di approfondire la Paleografia, l’Epigrafia, la Codicologia, la Papirologia, la Numismatica o la Linguistica, il Sanscrito o l’Ittita ad esempio o, ancora, la Filosofia, l’Archeologia, la Storia dell’Arte, la Critica Letteraria, l’Estetica, la Storia della Lingua, le Lingue, Letterature e Culture Straniere, le Scienze delle Religioni ecc… In sostanza, in base ai settori scientifico disciplinari a disposizione in facoltà, si può spaziare notevolmente. Io nel mio piano di studi ho cercato di unire all’aspetto apollineo del mondo classico un po’ di quello dionisiaco -diciamo- dello spirito romanzo. In Triennale mi sono dunque laureata in Lettere Classiche con una tesi in Filologia Romanza e alla Specialistica, in Filologia Classica, ho discusso una tesi in Storia della Lingua Italiana con il Prof. Luca Serianni.
Attualmente insegni presso il Liceo “Vittorio Gassman” di Roma, chi sono i tuoi alunni e quanti sono?
Sì, attualmente insegno presso il Liceo “Vittorio Gassman”, un liceo grande, con una sede centrale e ora tre succursali, che comprende diversi indirizzi: Scientifico (opzione Scienze Applicate), Linguistico, Scienze Umane e Socio-Economico. Insegno sia all’indirizzo di Scienze Umane che al Socio-Economico; ho studenti del primo e del secondo anno del secondo biennio e anche dell’ultimo anno, ovvero: una classe terza, due quarte e due quinte. Mediamente ho una ventina di alunni per classe (20/24) e le classi -devo dire- sono abbastanza bilanciate; solo in una, di quelle che ho, prevale nettamente la presenza delle ragazze rispetto ai ragazzi. Questo è un aspetto interessante perché dimostra come, in particolare negli ultimi anni, tali indirizzi non attirino prettamente: le ragazze Scienze Umane e i ragazzi il Socio- Economico, ma ci sia un aumento abbastanza bilanciato delle iscrizioni da parte di entrambi i sessi. Discrepanza che tendenzialmente ho riscontrato sempre di più nei Licei Classico e Scientifico, dove predomina rispettivamente la componente femminile nel primo e quella maschile nel secondo. La fascia d’età dei miei alunni è proprio quella della fioritura adolescenziale: dai quindici/sedici ai venti anni ed è bellissimo notare come crescano, maturino, diventino insomma i futuri uomini e donne della società. In generale, i miei alunni sono abbastanza aperti, spigliati, alcuni di loro dimostrano una vivacità talvolta un po’ troppo prorompente ma allo stesso tempo si rivelano anche fragili, bisognosi di essere ascoltati, compresi e supportati. Mi fa inoltre piacere constatare come diversi di loro siano consapevoli sin dai primi anni del biennio della scelta dell’indirizzo intrapreso e siano motivati nello studio delle discipline.
Una giovane professoressa che sistema di insegnamento preferisce?
Il mio proposito è quello di creare un ambiente di apprendimento innanzitutto inclusivo, dove ciascun ragazzo si senta a suo agio e libero di esprimersi serenamente. Mi preme sempre mettere al centro di ogni lezione il significato di ciò che sto facendo per poter attivare meglio i processi di apprendimento e guidare gli alunni verso una comprensione più profonda. I concetti delle discipline mi servono per trasmettere in primis l’amore e l’entusiasmo per lo studio delle stesse; mi interessa prima di tutto, al di là delle nozioni pur importati, che i miei alunni in qualche modo possano assaporare, gustare la bellezza delle discipline umanistiche. Attraverso l’approccio diretto ai testi vorrei che i ragazzi instaurassero quasi un dialogo diretto con gli autori, si interrogassero, mettessero loro stessi in discussione e allo stesso tempo acquisissero una maggiore consapevolezza, anche per quanto riguarda il versante della critica letteraria. Come diceva Italo Calvino: <<la scuola e l’università dovrebbero servire a far capire che nessun libro che parla d’un libro dice più del libro in questione>>. Proprio per far avere ai ragazzi un’idea del mondo che si nasconde dietro un libro, dietro i semplici testi, per esempio, che si ritrovano nelle sezioni antologiche dei loro manuali scolastici, che siano in prosa o in poesia, soprattutto se antichi, ma anche moderni, arricchisco le spiegazioni con delle nozioni di filologia e di storia della tradizione dei testi. Un altro aspetto per me prioritario è quello di riuscire ad arrivare, attraverso lo studio delle discipline, alla radice, all’origine di un fenomeno e al contempo riuscire a seguirne il processo evolutivo, con tutte le influenze, assimilazioni, giochi di analogie, per una comprensione più profonda del nostro presente, per poter mettere così in relazione, e in una sorta di comunicazione continua, antico e moderno con uno sguardo non di meno proiettato verso il futuro. Per sviluppare lo spirito critico dei ragazzi e abituarli ad avere una visione d’insieme, faccio spesso, e li incentivo a fare, collegamenti interdisciplinari, in particolare tra le mie discipline (Italiano, Latino e Storia), tra le quali l’osmosi si potrebbe dire esser naturale. Sono convinta infatti che l’interdisciplinarietà aiuti gli studenti a effettuare relazioni, confronti e li sproni ad una riflessione più matura: competenze importanti a scuola, ma in particolar modo nella vita. Credo in una didattica focalizzata sullo studente, sulla scorta delle Indicazioni Nazionali, dove la persona sia al centro con tutta la sua individualità e complessità. Ѐ bene che lo studente diventi protagonista nel processo di formazione del proprio sapere; pertanto cerco di creare spazi comunicativi aperti alla comprensione reciproca e alla costruzione collettiva di una dimensione culturale condivisa. Propongo a tal proposito in classe: dibattiti, discussioni guidate su tematiche affrontate durante le lezioni e esposizioni di lavori accompagnati da Power Point, che possano stimolare l’apprendimento e renderlo più coinvolgente. In questi anni di insegnamento, e in particolare con la didattica a distanza, ho avuto modo inoltre di utilizzare le tecnologie digitali e di conoscere diverse piattaforme (per fare lezione, caricare materiale didattico o compiti per gli alunni, per fare le riunioni con i colleghi, ecc..). Con le criticità dovute al Covid le tecnologie si sono rivelate essenziali per poter proseguire e fare la didattica, per raggiungere e continuare ad avere dei contatti con i nostri alunni e colleghi, se pur filtrati dallo schermo. L’innovazione digitale è stata per la scuola l’opportunità di superare anche il concetto tradizionale di classe, per creare uno spazio di apprendimento aperto sul mondo nel quale costruire il senso di cittadinanza e realizzare una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. La tecnologia ormai è integrata nella didattica di classe, basti pensare infatti alle LIM o ai grandi schermi touch che, sostituite le tradizionali lavagne, hanno una funzione ancillare e di supporto rispetto ai classici manuali. Con la LIM o lo schermo touch si posso fare, per esempio, diversi tipi di schemi, utilizzando colori per stimolare la memoria visiva, proiettare i lavori che realizzano gli studenti, far vedere video, testate di giornali e lavorare insieme selezionando ed evidenziando le notizie che ci interessano ecc… La multimedialità in ambito educativo/ formativo penso crei un ambiente di apprendimento più stimolante, integrandosi con le conoscenze e competenze progettate a livello curricolare, e aiuti a far sentire veri protagonisti di questo processo di apprendimento gli alunni. Le TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) si rivelano altresì un valido strumento per aiutare gli alunni fragili o in difficoltà a superare eventuali ostacoli, per includerli maggiormente e potenziare le loro capacità.
Quanto i social influiscono, oggi, nell’insegnamento e negli studenti?
Oggi i social network hanno un’incidenza sempre maggiore sui giovani, la comunicazione avviene soprattutto tramite Internet e proprio l’immediatezza, l’istantaneità di questi canali induce gli utenti a riversare qui di tutto, a lasciare anche impressioni e affermazioni a volte poco attendibili, perché sui social non c’è un filtro di controllo. L’onnipervasività di Internet, dei new media è un dato di fatto rilevante che caratterizza i nostri tempi, essendo alimentata dallo sviluppo tecnologico, e quest’aspetto ha incidenze in ogni ambito ormai della nostra vita: basti pensare a come è cambiata la comunicazione, per esempio, al modo di fare marketing, di studiare attraverso piattaforme, siti web, applicazioni, nuovi software e alla ricezione stessa della cultura, ecc… Come ha riscontrato il Professor Paolo D’Achille <<la grande diffusione della comunicazione mediata dal computer (a cui si può assimilare […] quella che avviene attraverso telefonia cellulare) […] ha ampliato la categoria del “trasmesso”, rilanciando la lingua scritta (o meglio, il codice grafico) in nuove tipologie testuali: alcune di esse hanno messo in crisi non solo e non tanto certe strutture grammaticali tipiche dell’italiano scritto (come la predilezione per l’ipotassi), quanto lo stesso concetto tradizionale di testo, anche per quanto riguarda la sua costruzione: si pensi al minor controllo della coesione testuale, causato dalle nuove modalità di produzione e dalla frequente assenza di rilettura; la rete, inoltre, diffonde forme di scrittura poco sorvegliata, in cui la pressione dell’oralità da un lato e l’informalità dall’altro determinano spesso disinteresse per la correttezza anche formale del messaggio […][1]>>. I social dunque influiscono molto sugli studenti essendo ormai il loro principale mezzo di comunicazione: talvolta possono rivelarsi utili per avere informazioni, mantenere contatti, scoprire novità, soddisfare curiosità, lavorare e farsi notare, per avere maggiori opportunità; altre volte però possono creare una dipendenza preoccupante, soprattutto quando vengono diffusi ed emulati modelli privi di valori costruttivi ed onesti. Un’arma ben affilata e “a doppio taglio”, potremmo definire i social, scelta perché pratica da utilizzare per avere visibilità, per raggiungere, nel minor tempo possibile, il maggior numero di persone e attraverso la quale per molti giovani è più facile organizzare eventi, belle iniziative, incontri e attività, anche scolastiche; per non parlare poi della nuova figura dell’infleuencer che spopola sempre di più garantendo, anche a giovanissimi, accattivanti guadagni e ampio seguito di follower solcando le onde del marketing in un mare mosso dalle più varie tendenze. Nell’insegnamento invece le nuove protagoniste sono le TIC (le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione), ovvero tutti quei processi e dispositivi tecnologici che servono -come ho già detto- a produrre, migliorare le conoscenze e a creare ambienti di apprendimento stimolanti e inclusivi. Rappresentano per i docenti un nuovo strumento didattico che consente di gestire il processo di insegnamento- apprendimento in modo innovativo, motivante e flessibile. Si rivelano un valore aggiunto alla didattica in quanto i mezzi multimediali consentono ai docenti di progettare percorsi didattici-educativi in cui la pluralità dei mezzi digitali e telematici permette agli alunni di integrare più forme di esperienza, nonché di includerli e renderli ancor più protagonisti.
La nostra scuola è europea?
Sì; viviamo in una dimensione europea. Le politiche e le indicazioni europee condizionano in modo sempre più evidente le politiche formative di tutti i paesi dell’Unione, compresa l’Italia. Sin dal Trattato di Maastricht (del 1992, entrato in vigore nel 1993) il compito che ci si prefiggeva era quello di sviluppare una dimensione europea dell’educazione e della formazione, anche per garantire una maggiore mobilità delle persone, dei loro talenti e delle loro conoscenze, avendo un quadro di riferimento comune per la leggibilità dei titoli di studio, e in tal senso si è andati avanti. A scuola si fanno sempre riferimenti al contesto europeo, anche riflettendo semplicemente su questioni d’attualità o, in particolare, per quanto riguarda le tematiche trasversali di Educazione Civica, ma anche nelle lezioni di letteratura si cerca di inserire il più sistematicamente possibile le vicende letterarie italiane in un contesto europeo. Le scuole seguono le direttive europee e ci sono proprio dei documenti europei in materia educativa recepiti dall’ordinamento italiano come, ad esempio, il Quadro Europeo delle Qualifiche per l’apprendimento permanente e le relative definizioni di competenze, abilità e conoscenze che la scuola deve impegnarsi a far sviluppare, la Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 2018 relativa alle competenze chiave dell’apprendimento permanente, i programmi di scambi/mobilità di docenti e studenti, ecc…
Gli studenti italiani sono europei, che cosa gli manca se gli manca qualcosa?
Sì, certamente. Molti dei nostri studenti dimostrano di essere ben preparati e quando fanno esperienze di studio all’estero mi raccontano di riscontrare una maggiore facilità nei percorsi di studio rispetto a quelli delle scuole/università italiane. Alcuni dei più brillanti ricercatori, professionisti, intellettuali che ricoprono anche posti di prestigio all’estero sono italiani… questo vuol dire che il nostro sistema di istruzione/formazione non è stato così male, anzi… Allinearsi con quelli che sono gli standard suggeriti dall’Europa, promuovere uno studio maggiore delle lingue, dell’informatica e, in generale, della tecnologia è importante, ovviamente, ma allo stesso tempo penso sia altrettanto fondamentale non abbandonare il nostro sistema di formazione, che garantisce una preparazione di cultura generale attraverso lo studio di più discipline, e approfondire quella che è la nostra tradizione culturale. L’informatica e l’inglese, come le altre lingue, sono importanti, ma dobbiamo dedicarci in primis alla conoscenza e comprensione della nostra lingua e della nostra letteratura per un fatto, se non altro, identitario. Ciò che scarseggia spesso -direi- sono i fondi per rinnovare le scuole/università e far progredire la ricerca in tutti i campi. Confidiamo però oggi nei fondi del PNRR.
Che differenza fra studentesse e studenti, cosa piace di piú studiare alle ragazze ed ai ragazzi?
Non ravviso differenze legate al genere. Ogni studente e studentessa ha le sue inclinazioni, predisposizioni, passioni ed è giusto che l’insegnante le assecondi, le promuova, le faccia sbocciare rispettando le loro sensibilità. Ovviamente è bene coinvolgere il più possibile gli studenti e le studentesse in tutte le discipline, in modo che possano avere una formazione completa e solida, ma ritengo fondamentale incoraggiarli sempre nell’avere degli interessi, nel coltivare le loro passioni e seguire i loro sogni.
E alla professoressa Grazia cosa piace di piú insegnare l´italiano o il latino e quali autori preferisci e perché?
Entrambe le discipline. Mi risulta difficile dover scegliere, perché sono strettamente collegate. Come ho già detto, mi piace spaziare e fare collegamenti intra- e inter-disciplinari, far emergere la trama del fitto tessuto di relazioni che le costituisce e renderla evidente: quando si affronta la letteratura latina non si può prescindere infatti dal fare richiami a quella greca; così come quando si spiega la letteratura italiana i riferimenti alla lingua, letteratura classica, alla storia sono imprescindibili, ma anche alla filosofia e alla storia dell’arte. Ogni disciplina ha poi il suo fascino, le sue caratteristiche, metodologie e linguaggio tecnico. Dal rapido excursus che ho fatto prima si può già notare che sono diversi gli autori che preferisco: ognuno ha la sua bellezza, particolarità e ci lascia messaggi interessanti su cui riflettere, al di là che ci possa piacere o meno. La letteratura in qualche modo induce all’incontro/confronto e talvolta anche allo scontro con gli autori, i loro testi e il loro pensiero: inevitabilmente, se non rimaniamo impermeabili. Mi incuriosisce molto il periodo delle origini di ogni letteratura, ma anche l’età classica per quanto riguarda la letteratura latina e greca -inutile dirlo- è splendida; si aggiungo inoltre autori dell’età imperiale, in particolare Seneca e Tacito, solo per dirne alcuni. Della letteratura italiana amo particolarmente Dante, Ariosto, Tasso, Leopardi, Carducci, Pirandello, Ungaretti, Calvino e tanti altri… I grandi classici, pur rileggendoli e ristudiandoli tante volte, hanno l’incredibile potere di non smettere mai di riserbare soprese, di stupire e continuare ad esercitare il loro fascino sui lettori di ogni epoca.
Un messaggio della professoressa ai tuoi giovani studenti?
Cercare di vivere pienamente! Amare, leggere, studiare cercando di divertirsi; assecondare e coltivare le proprie passioni. Studiare e leggere per imparare a fermarsi, prendere del tempo per riflettere, per formarsi un pensiero critico, per vivere tante vite, per fare in qualche modo tanti bei viaggi; per imparare ad agire. Mortimer J. Adler sosteneva: << ho qualche ragione di credere che coloro che realmente hanno letto i grandi libri sapranno probabilmente riflettere bene e profondamente sui problemi che oggi dobbiamo affrontare>>[2]. In questa prospettiva, dunque, la lettura, come lo studio delle discipline, può essere un valido mezzo per raggiungere dei grandi obiettivi, per maturare come presone e per imparare ad agire da uomini e donne liberi. Bisogna pertanto incoraggiare i ragazzi a leggere e a studiare i grandi classici, partendo da quelli della nostra letteratura italiana perché << imparare a leggere la Commedia o il Furioso o La coscienza di Zeno significa imparare a leggere agevolmente qualsiasi testo e, se si sa leggere agevolmente qualsiasi testo, si è meglio preparati a leggere il mondo >>[3].
(A. Asor Rosa)
[1] Paolo D’Achille, L’italiano contemporaneo, ed. il Mulino, Bologna, 2019, pag. 34
[2] Mortimer J. Adler, Come si legge un libro, Ed. Armando, Roma, 1964, pag. 321
[3] Alberto Asor Rosa, Storia europea della letteratura italiana, vol 1, ed. Le Monnier, Milano, 2008
Grazia Marzo alla Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona 2023, ha dichiarato: la Giornata Mondiale della Gioventù è stata un immergersi in un oceanico flusso mondiale di giovani, universalmente uniti, con gioia e semplicità, nella condivisione della Pace e della Fede.