CATANIA – Federica Nardo: adesso il “Vento” "Io sono Innamorata di Napoleone ma non....."

Intervista di Paola Pacifici

Federica, siamo al tuo terzo romanzo, “Vento” perché questo titolo?
Tutti i miei romanzi hanno il titolo composto da una sola parola: questo perché volevo suscitare nei lettori curiosità, incredulità, stupore: una parola dice molto, ma può anche non dire nulla e questo crea interesse. Ho scelto “Vento” come titolo del mio terzo romanzo perché è l’elemento naturale che descrive meglio le sensazioni provate da Napoleone durante la fuga dall’Isola d’Elba, la riconquista del trono dopo l’esilio, i Cento Giorni e la Battaglia di Waterloo, proprio queste, infatti, sono le tematiche trattate nella mia ultima opera letteraria. Napoleone viene spinto a tornare in patria, a rimettersi la corona, ma subito si ritrova catapultato nuovamente sui campi di battaglia che lo vedono, stavolta, definitivamente sconfitto. Accade tutto in fretta, in pochi mesi, come se tutto fosse stato trasportato dal vortice del vento della storia che avvolge ogni cosa tra le sue spire, prima con una dolce e tiepida brezza e poi con un crudele soffio che porta con sé tempesta distruggendo ciò che incontra sul suo cammino; in questo caso, perdendo a Waterloo, Napoleone annullò definitivamente vent’anni di regno, rendendo vana, almeno in quel momento, la sua opera. Anche il suo rapporto con Nives De Morin, la giovane donna che si è innamorata di lui e ha deciso di restargli accanto per oltre un decennio, muta: anch’esso è vittima delle correnti della vita che lo trasportano tra alti e bassi.

Gli altri romanzi, “Neve ” e “Mare” parlano di…?
Neve è uscito nel 2014 e le vicende raccontate ruotano intorno alla battaglia di Austerlitz: ho deciso di partire dal 1805 perché secondo me quella data segna il vero inizio della storia di Napoleone come imperatore e dominatore dell’Europa, la così detta “battaglia dei tre imperatori” durante la quale Bonaparte affrontò lo Zar Alessandro I, nipote di Caterina II la Grande, e Francesco II d’Asburgo-Lorena, imperatore d’Austria e del Sacro Romano Impero. Uno scontro epocale non solo per la durezza dei combattimenti, ma perché durante quella battaglia Napoleone diede prova di tutto il suo talento come stratega e artigliere: con un’incredibile piroetta fatta di marce forzate e tappe ben studiate la Grande Armée partì da Boulogne-sur-Mer, nel nord della Francia, e piombò nel cuore dell’Europa, nei territori dell’attuale Repubblica Ceca. Questo perché in quel momento Napoleone aveva in animo di invadere l’Inghilterra e aveva già acquartierato i suoi reggimenti ai bordi della Manica. Tuttavia, vedendosi attaccato sul fianco orientale, decise di abbandonare la traversata verso la Perfida Albione e affrontare gli eserciti della Terza Coalizione, sbaragliandoli. In questo primo romanzo conosciamo anche Nives De Morin, protagonista della vicenda. Nives è la giovane rampolla di una famiglia aristocratica francese che, come accadeva a molte donne sue coeve-contemporanee, è in procinto di sposare un perfetto sconosciuto, un lord inglese scelto per lei da suo padre. Nives, tuttavia, è una ragazza ribelle e non accetta le decisioni prese per lei da altri. Incontra Napoleone durante un ballo al Castello di Fontainebleau e da lì inizia la sua avventura al suo fianco. Ad accompagnare Nives in questo viaggio troviamo personaggi di fantasia e personaggi realmente esistiti. Neve si conclude, appunto, nel dicembre 1805 con il “Sole di Austerlitz” e il racconto riprende poi un anno dopo, nel dicembre 1806 a Varsavia: è l’inizio di Mare, il mio secondo romanzo uscito nel 2019. Ritroviamo Nives, personaggi vecchi e nuovi e Napoleone che ha appena conosciuto una delle donne che cambieranno per sempre il suo destino: Maria Walewska, la “sposa polacca”. Questo crea una frattura tra Nives e Bonaparte che si separano e si ritrovano sette anni più tardi, a Portoferraio, sull’Isola d’Elba. Nel 1814 troviamo un Napoleone molto diverso da quello conosciuto in Neve: è piegato dagli eventi, divorato dai rimorsi per essere stato complice della morte di migliaia di soldati dopo la disfatta della Campagna di Russia, distrutto dall’aver perso ogni cosa ritrovandosi, parafrasando la celebre ode di Manzoni, dalla reggia al tristo esiglio, ridotto ad essere poco più che un semplice proprietario terriero. È un uomo divenuto l’ombra di sé stesso, poco o niente è rimasto del fulgore dell’imperatore dei re e Bonaparte tenta anche di porre fine alla sua vita, fallendo. Trova ristoro sulla piccola isola sulla quale è stato confinato dalle potenze alleate, nel frattempo riunite al Congresso di Vienna per rimodellare l’Europa e annullare tutto ciò che la Rivoluzione e l’Illuminismo avevano apportato, e cerca di dare un senso alle sue giornate mettendo a soqquadro la vita degli elbani: dona loro una bandiera, costituisce un esercito, dà il via a opere di rinnovamento. Tuttavia Napoleone non è felice, vuole tornare a Parigi, gli manca la Francia. Ritrova Nives e insieme a lei e all’aiuto di Thomas Johnstone, un corsaro e contrabbandiere inglese realmente esistito, riesce a fuggire dopo dieci mesi di prigionia e a ritornare in patria: è il febbraio 1815. E proprio da quella data, poi, inizia il racconto di Vento, terzo romanzo della Saga delle Stagioni dell’Impero uscito lo scorso aprile.

Perché e quando decidi di diventare scrittrice?
Qui è doverosa una premessa: prima di essere una scrittrice io sono stata, sono e sarò sempre una vorace e onnivora lettrice, il mio rapporto con i libri è quasi ossessivo. Ho imparato a leggere davvero molto presto, non frequentavo ancora la scuola elementare e un po’ per noia, un po’ per curiosità ho messo il naso dentro ai romanzi. Sono stata fortunata, una mia zia ha una vasta e variegata collezione di testi che potevo consultare come e quando volevo. Mi sono appassionata presto alla letteratura francese, soprattutto ai romanzi di cappa e spada, e già dai 10-12 anni cercavo di emulare i grandi scrittori che mi facevano sognare: mi prodigavo, insomma, in acerbe sperimentazioni di quelli che oggi chiameremmo retelling; esperimenti, per altro, piuttosto fallimentari. Scrivere mi è sempre piaciuto, raccontare creando mondi incredibili attraverso la fantasia per me è sempre stato magico e meraviglioso. Tuttavia, la decisione di diventare una scrittrice l’ho presa intorno ai ventidue anni: mi sono accorta che in Italia non esisteva nessun romanzo che avesse come protagonista Napoleone; ci sono romanzi di narrativa di ambientazione storica che hanno come sfondo il periodo napoleonico, ma nessun romanzo celebrava la figura di Bonaparte ponendolo al centro del racconto. Così mi sono detta che potevo farlo io e tra un esame universitario e l’altro, tra Parigi, Firenze e la Sicilia, ho iniziato a scrivere i primi capitoli del mio primo romanzo e da allora non mi sono più fermata.

Conosci e ami l’era napoleonica e di Napoleone, passione dovuta dalla laurea in giurisprudenza italo-francese?
In realtà no, anzi, è il mio percorso universitario che è dovuto alla mia passione per Napoleone. Il mio primo incontro con Bonaparte risale infatti al 2002 quando ero solo una bambina. Erano gli ultimi giorni di un’estate molto calda, io vivevo in Sicilia in un piccolo paese e non c’erano molte distrazioni. Non avevo amiche coetanee che abitassero vicine a me, né fratelli o sorelle con i quali giocare: proprio in quel momento mia madre aspettava mio fratello, era ormai avanti con la gravidanza e quindi di andare in vacanza non se ne parlava neanche. Una sera guardando il televideo trovai nella programmazione una mini-serie in quattro puntate sulla vita di Napoleone: era un argomento che avrei studiato durante l’anno scolastico che era ormai alle porte e così decisi di piazzarmi davanti allo schermo per scacciare la noia di una delle tante serate trascorse in casa mentre tutti erano in villeggiatura. Forse può sembrare esagerato, ma da quella sera la mia vita cambiò: restai incantata davanti alla storia di Bonaparte, al suo essere partito da un’isola armato solo della sua determinazione e del suo genio ed essere riuscito, solo con le sue forze, a diventare imperatore di un popolo che inizialmente lo dileggiava, lo riteneva uno straniero, un parvenu senza importanza. Quando Bonaparte arrivò in Francia non aveva nulla, era un borsista emigrato che parlava a stento il francese, eppure riuscì a compiere una vertiginosa scalata sociale. Da quel momento per me divenne un esempio di vita, una guida da seguire ed emulare. E così è stato. Ho deciso di intraprendere un percorso di studi italo-francese proprio perché volevo vivere in Francia, avvicinarmi a quelli che sono i luoghi nei quali ha vissuto Napoleone e avere la possibilità di consultare testi non reperibili in Italia. La passione per la giurisprudenza un po’ l’ho sempre avuta, il mio sogno era quello di intraprendere la carriera diplomatica ed è un’ambizione che non ho ancora abbandonato. E così quando mi sono resa conto che potevo unire le mie aspirazioni professionali alla mia passione per Bonaparte non ci ho pensato due volte e mi sono iscritta.

Quanto e come quel periodo ha influenzato la storia europea e internazionale?
Napoleone era figlio della Rivoluzione Francese e delle idee illuministiche: era nato in una terra incredibile, la Corsica, un luogo che ha fatto la storia. Molti non lo sanno, ma fu proprio in Corsica che scoppiò la prima rivoluzione borghese, molto prima della rivoluzione americana e della stessa rivoluzione francese, e sempre la Corsica diede i natali nel 1755 alla prima Costituzione improntata su idee di democrazia e rinnovamento, una costituzione stilata, tra gli altri, anche da Jean-Jacques Rousseau, la prima che promuoveva l’implementazione del suffragio femminile: Napoleone arrivava quindi da una terra ricca di innovazioni ed era un uomo dalla mentalità molto aperta e progressista. Bonaparte era un repubblicano, un visionario, un sognatore: grazie alle sue armate le idee moderne arrivarono ai quattro angoli d’Europa. E non solo: decise di sublimare in un unico testo scritto nella lingua del popolo i precetti del diritto giustinianeo e del droit coutumier, il diritto consuetudinario, unendo il suo Paese e poi tutto l’impero sotto l’egida di unico, grande, dispositivo giurisprudenziale: il Codice Civile dei Francesi, conosciuto anche come Codice Napoleone, un testo che, dopo secoli, forniva delle regole di vita chiare ai cittadini. E proprio da esso discendono i codici civili di tantissimi Paesi europei e di molti Stati del Nord Africa, persino il Codice Civile italiano è figlio del Code Napoléon. E non solo, Napoleone regolamentò molti aspetti della vita quotidiana che ancora oggi utilizziamo: penso alla numerazione stradale, alla diffusione del cibo in scatola, alla vaccinazione di massa, all’idea di cimiteri collocati fuori dal centro abitato, all’istituzione dei licei. E questi sono solo alcuni dei numerosi esempi che potremmo citare. In ultimo, Bonaparte sognava un’Europa unita sotto un’unica bandiera e con un’unica moneta, un luogo di pace, cultura e privo di confini e, a quanto pare, il suo sogno è diventato realtà. Quindi direi che quel periodo ha influenzato davvero tanto la storia del mondo.

Napoleone, tanti amori, ma ha amato veramente solo una donna… Chi e perché?
Napoleone ha la fama di essere stato un grande tombeur de femmes, purtroppo spesso la leggenda supera la realtà. In realtà ebbe solo nove relazioni extraconiugali storicamente documentate e due figli illegittimi sicuramente suoi. Le donne lo ammaliavano, ne subiva il fascino e riconosceva, seppur a suo modo, la loro superiorità. Tuttavia ne amò davvero soltanto una ed era la sua prima moglie, Joséphine de Beauharnais. La incontrò per una capriccio del destino, in una situazione tanto insolita quanto romantica che vale la pena conoscere. Era il 1795, Napoleone aveva iniziato la sua carriera da un paio d’anni dopo essersi distinto durante l’assedio di Tolone. Parigi era spaccata da un’insurrezione realista e Napoleone venne messo a capo dei militari che per ordine di Barras, allora a capo del Direttorio nonché amante di Joséphine, erano incaricati di sopprimere le rivolte. Dopo quegli eventi a tutti i parigini venne dato ordine di consegnare alle autorità tutte le armi che avevano in casa per evitare ulteriori rivolte a opera di facinorosi. Tra gli armamenti requisiti vi era una spada appartenuta ad Alexandre de Beauharnais, generale ghigliottinato durante gli anni del Terrore poiché sospettato di tradimento dal Comitato di Salute Pubblica. Il primogenito di Joséphine, Eugène, era disperato poiché voleva che gli venisse restituita la spada del padre: per lui non era un oggetto bellico, ma un ricordo. Appena quattordicenne si presentò al cospetto di Bonaparte e chiese l’autorizzazione di riavere indietro ciò che gli apparteneva: commosso, Napoleone gli accordò il permesso. L’indomani il generale Bonaparte ricevette un biglietto di ringraziamento da parte della vedova Beauharnais che lo invitava a cena: fu un incontro fatale, un colpo di fulmine. Il giovane generale rimase folgorato da Joséphine, ella aveva infatti tutte le qualità che Bonaparte apprezzava in una donna: la grazia, la delicatezza, la distinzione, l’eleganza e l’abilità di non sembrare mai contrastarlo o, peggio, sovrastarlo. E, soprattutto, possedeva la dote delle doti: un enorme capitale di conoscenze e una fitta rete d’amicizie, essenziale per chi vuole arrivare ai vertici della società. In più lei era già una donna navigata, aveva un matrimonio alle spalle e sapeva come ammaliare un uomo. Il fuoco della passione esplose in Napoleone che non pensava ad altro, non desiderava nessun’altra e la inondava di lettere di fuoco: per lui è l’incomparabile Joséphine. Dopo sei mesi da quell’incontro erano già sposati, Joséphine fu per Bonaparte la donna essenziale, indispensabile, provvidenziale, che gli permise, al di là della gloria militare, di conquistare il potere supremo. Negli anni, poi, tra i due si consolidò un rapporto fatto di complicità e affetto, un legame inscindibile e imperituro che li unì anche dopo il divorzio. 

Tu che sai tutto su Napoleone, cosa lo faceva rattristare o lo rendeva felice?
Ciò che rendeva felice Napoleone era stare tra i suoi uomini: per i suoi soldati rimase sempre il Piccolo Caporale Corso che combatteva al loro fianco. Prima di ogni battaglia consumava i pasti insieme ai suoi reggimenti, chiacchierava con i soldati, ne premiava i meriti assegnando gradi e rendite; non erano suoi sottoposti, erano suoi pari ed era anche per questo che le sue truppe erano alla base delle sue vittorie: non combattevano solo per lui, ma con lui.
Allo stesso tempo ciò che lo rattristava di più era perdita in battaglia di ognuno dei suoi soldati: la morte era una costante nella vita di Bonaparte, l’altra faccia della medaglia della guerra con la quale doveva venire a patti. Tuttavia soffriva terribilmente per ogni cadavere che veniva seppellito, soprattutto se si trattava di compagni che combattevano da molto tempo al suo fianco: pianse a lungo dopo la morte di Lannes, uno dei suoi più fedeli marescialli. Fu un dolore talmente straziante da essere capace di attraversare i secoli e arrivare sino a noi: la scena è stata fermata su molte tele da grandi artisti.

Chi è secondo te, oggi, un “Napoleone”?
Oggi un Napoleone è chiunque decida di sovvertire il sistema con le proprie forze, di vedere più in là delle convinzioni comuni, è chi si emancipa dal gregge e ha la voglia e il coraggio di lottare armato del suo sapere e dei suoi meriti senza cercare scorciatoie. Un Napoleone è chiunque riesca ancora a sognare un mondo capace di cambiare in meglio.

Nei romanzi quanto è realtà e quanto fantasia?
Quando ho iniziato a scrivere il mio primo romanzo mi sono imposta una regola: rispettare in tutto e per tutto gli eventi storici senza cambiarli per nessuna ragione. Niente anacronismi, niente incoerenze storiche, niente fatti non documentati o che seguono delle teorie non ufficialmente riconosciute. Volevo e voglio raccontare il dietro le quinte della storia, il Napoleone dietro Bonaparte, l’uomo con i suoi pregi, i suoi difetti, le sue fragilità, il suo carattere dietro il condottiero, l’imperatore, la leggenda e per farlo apprezzare davvero ai miei lettori era necessario pennellare un’istantanea di ciò che Napoleone era davvero, senza edulcorare in nessun modo la realtà. È una regola che ho sempre seguito e per questo intorno ai fatti realmente accaduti ho intrecciato una trama di fantasia, fatta di personaggi mai esistiti, ma che sono del tutto coerenti con il tempo in cui è ambientato il racconto.

Federica, ti saresti innamorata di Napoleone o forse lo sei già?
Questa è una domanda che mi segue da quando frequentavo le scuole medie, credo che sia una delle cose che mi sento chiedere più spesso. Io sono innamorata di Napoleone, ma non nel senso più fisico del termine, non con l’eros che comunemente si sottintende poiché questo non sarebbe possibile: siamo persone che appartengono a due epoche diverse, lontane e non riesco neanche a immaginare come potrebbe essere innamorarmi di una persona che vive i sentimenti con una forma mentis molto lontana dalla mia. Non vedo Napoleone come una di quelle rockstar che le adolescenti guardano adoranti riempiendo la loro cameretta di poster che consumano di baci idealizzando una relazione impossibile, non sono una fan impazzita. Sono però innamorata di ciò che per me Napoleone Bonaparte rappresenta, ossia un modello al quale ispirarmi, un uomo che ha cambiato la storia e che ha cambiato anche la mia vita: se non lo avessi “incontrato” probabilmente la mia vita sarebbe molto diversa e mi sarei persa tantissime esperienze meravigliose.

Ferruccio Pinotti, saggista e giornalista, moderatore della  presentazione del libro.